Digitalizzazione delle imprese e impegno dei Governi a lavorare nell’ambito del Wto per ridurre ed eliminare le barriere alla crescita dell’e-commerce internazionale. E’ uno dei punti al centro dei temi messi sul tavolo del G20 del commercio dal sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci. In particolare Geraci ha ottenuto, dice una nota del Mise, “un impegno preciso (e cruciale per il nuovo Governo italiano) ad adoperarsi maggiormente per facilitare in particolare il processo di internazionalizzazione digitale delle Pmi, che rappresenta una delle strategie cardine decise dalla Cabina di Regia per l’Italia internazionale lo scorso 11 settembre”.
Il primo G20 del commercio si è appena concluso a Mar del Plata, in Argentina. Il sottosegretario ha illustrato l’impegno “del nuovo Governo italiano – dice ancora la nota – per un approccio verso i trattati di libero scambio meno ideologico e per una globalizzazione invece più inclusiva e solidale, che tenga conto degli effetti positivi aggregati del commercio internazionale sul Pil ma che non dimentichi il suo impatto sulla distribuzione di reddito e lavoro e quindi sull’equità e la giustizia sociale”.
Geraci ha ricordato che “la globalizzazione è un processo Darwiniano: da un lato tende ad avere effetti economici positivi, dall’altro lascia indietro lavoratori e aziende meno flessibili, e in generale le fasce più deboli della società”. Di conseguenza ha invitato i rappresentanti dei governi ad occuparsi in modo proattivo e coordinato del sostegno “ai perdenti e ai dimenticati della globalizzazione”. “È molto strano come l’approccio liberista al commercio, per funzionare, debba anche prevedere un forte intervento dello Stato per far sì che i benefici vengano poi redistribuiti”, ha commentato il sottosegretario.
Il Sottosegretario ha avanzato la richiesta al Commissario europeo per il Commercio Cecilia Malmström di lavorare insieme ai Governi Ue al rafforzamento del Fondo Europeo per l’Aggiustamento dalla Globalizzazione. Insufficiente secondo il governo italiano la dotazione del fondo (150 milioni) che sembra “progettato per aiutare solo le grandi imprese e non, come invece dovrebbe essere, le Pmi – che sono proprio le aziende più deboli e meno flessibili, e quindi quelle che più di altre necessiterebbero di tale aiuto”.