Il 2021 è stato un anno eccezionale per le esportazioni Made in Italy. E l’export digitale italiano di beni di consumo diretto (tramite sito proprio, marketplace o siti di vendite private) o intermediato (tramite retailer online) è cresciuto del +15% nel 2021, toccando un valore di 15,5 miliardi di euro. Le esportazioni digitali B2c hanno raggiunto un peso pari al 9% dell’export complessivo in Italia (online + offline).
Il settore più importante, pari al 56% del mercato complessivo dell’export digitale B2c e B2b2c, si conferma il fashion, con un valore di 8,6 miliardi di euro nel 2021, +20% sul 2020, superando i valori pre-Covid. Il secondo settore è il food & beverage, con un export online di 2,2 miliardi di euro, 14% del totale, che prosegue la crescita (+10%), ma rallenta dopo l’exploit 2020 (+46%). Il terzo comparto è l’arredamento, 1,2 miliardi di euro (+12%), pari al 7% del totale delle esportazioni online di beni di consumo. Elettronica, cosmetica, cartoleria, giochi, articoli sportivi e gli altri comparti valgono complessivamente il 23% dell’export digitale B2c, ma singolarmente hanno un peso marginale.
Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Export digitale della School of management del Politecnico di Milano (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), presentata oggi durante il convegno online “L’Export digitale sfida le consuete e le nuove incertezze”.
Previsioni per il 2022 influenzate dal conflitto ucraino
Purtroppo, le previsioni iniziali per il 2022 si stanno rivelando troppo ottimistiche anche a causa delle ripercussioni della guerra in atto tra Russia e Ucraina. Un’eventuale totale interruzione delle esportazioni digitali verso il mercato russo, nello scenario più pessimistico, potrebbe portare a una perdita di circa 430 milioni di euro di esportazioni B2c. Oltre l’80% di questo valore è riconducibile al fashion, mentre il restante 20% si divide tra food & beverage e arredamento.
Crescita dell’export B2B: automotive in prima fila
Invece, l’export digitale B2B (tramite cioè canali digitali come Edi o Web Edi, extranet, marketplace) nel 2021 ha raggiunto un valore di 146 miliardi di euro, anche questo in crescita del 15% rispetto al 2020 e con un peso del 28,3% sull’export complessivo di prodotti. Con l’eccezione del settore farmaceutico, in forte flessione dopo il boom del 2020, per tutti i settori B2b l’export online è cresciuto in modo importante ed è tornato al di sopra dei livelli pre-Covid (nel 2019 il valore era di 134 miliardi).
Nel B2b, la filiera più digitalizzata è l’automotive, 33 miliardi di euro di export digitale, il 22,6% del totale, con una crescita quasi doppia rispetto a quella dell’export complessivo (+40% rispetto al 22,6% dell’export complessivo). Seguono poi il tessile e abbigliamento (il 14,8%), la meccanica (10,8%), il largo consumo (6,9%), il materiale elettrico (4,8%) e l’elettronica (3,3%). Discorso a parte per il settore farmaceutico che costituisce il 3,1% del mercato: era letteralmente esploso nel 2020 (+66%), nel 2021 scende del 23% ma resta di ben 1 miliardo di euro al di sopra del periodo pre-Covid.
Per il canale B2b, il mancato export digitale verso la Russia ammonterebbe a circa 2,1 miliardi di euro. Di questa perdita, oltre il 40% è imputabile all’abbigliamento, il 20% circa alla meccanica, poco più dell’8% all’automotive e oltre il 5% al food & beverage.
“La componente digitale delle esportazioni italiane è diventata una leva sempre più importante per le imprese italiane – afferma Riccardo Mangiaracina, direttore dell’Osservatorio Export digitale – L’export digitale italiano nel 2021 è cresciuto a ritmi sostenuti, in eguale misura per i canali B2c e B2b, +15%. La crescita ha riguardato quasi tutti i settori e ha accompagnato lo straordinario slancio dell’export complessivo. Ora, l’incertezza internazionale potrebbe favorire la “regionalizzazione” delle catene globali del valore, cioè una riconfigurazione delle attività produttive all’interno di alcune macroaree, il cui il digitale può avere un ruolo cruciale per agevolare il rientro delle imprese, aumentare la competitività delle aziende e aiutare l’incontro tra la domanda offerta di fornitori “idonei” attraverso le piattaforme digitali B2b e B2c”.
“Le previsioni iniziali per il 2022 si stanno mostrando troppo ottimistiche – spiega Lucia Tajoli, responsabile scientifico dell’Osservatorio -. Lo scatenarsi della guerra ha notevolmente aumentato il grado di incertezza percepito da tutti gli attori, con evidenti danni economici: l’aumento dei prezzi di materie prime energetiche e agricole, il rallentamento dei consumi, l’aumento dell’incertezza sulla politica monetaria, l’amplificazione di problemi logistici e di fornitura, l’aumento della volatilità sui mercati finanziari. Tutto questo al momento non ha prodotto una recessione né a livello globale, né a livello europeo, ma le modifiche degli equilibri internazionali sono rilevanti anche per il mercato digitale. La creazione di un potenziale divario digitale tra aree geografiche che frammentano il mercato dell’e-commerce ed il crescente isolamento della Russia potrebbero mettere in difficoltà le imprese italiane, soprattutto medio-piccole, e a questo scopo sono fondamentali gli investimenti per accelerare la digitalizzazione dell’economia previsti nel Pnrr e dei fondi Next Generation Eu”.
L’e-commerce verso l’estero: il ranking di attrattività
L’Osservatorio ha elaborato un indicatore per identificare i paesi di maggiore interesse per l’export digitale italiano, con particolare attenzione alla presenza di un potenziale inespresso dal punto di vista dell’e-commerce. Sulla base della performance di ciascun paese è stato sviluppato un ranking che ordina i paesi in ordine decrescente di attrattività per l’export digitale italiano. Ai primi posti, in questa particolare classifica, si trovano Stati Uniti, Svizzera, Germania e Francia. Gli stessi paesi, anche se in ordine leggermente diverso, che si trovano ai primi quattro posti della classifica dei maggiori importatori dell’export italiano.
Scorrendo le due classifiche, però, si notano anche risultati che sorprendono. La Danimarca, ad esempio, si colloca a pari merito con la Cina, al 5°posto, nella classifica dei paesi di maggior interesse per l’export digitale italiano, anche se, nella classifica dei paesi importatori dell’export italiano, non compare neppure nelle prime 17 posizioni. Caso opposto per la Spagna. In 6°posizione come importatore dell’export del nostro paese, ma oltre la 17° per l’indicatore elaborato dall’Osservatorio del Politecnico.
Le opportunità per le pmi: ampi i margini di crescita
L’Osservatorio ha sviluppato un modello per la valutazione delle principali aree funzionali a supporto di una strategia di export digitale, che sulla base dell’incidenza dell’export digitale sul fatturato ha individuati 3 profili (base, intermedio ed avanzato), caratterizzati da diversi livelli di sviluppo. Il profilo base e quello intermedio corrispondono alle imprese con una quota di export digitale sul totale fatturato compresa rispettivamente tra lo 0-3.5% e 3.5-10%. Le imprese caratterizzate da una percentuale di export digitale sul totale delle entrate oltre il 10% corrispondono invece al profilo avanzato.
“L’internazionalizzazione attraverso canali digitali rappresenta un’importante opportunità di crescita per le pmi italiane – spiega Tommaso Vallone, ricercatore dell’Osservatorio -. Il profilo avanzato non riporta uno sviluppo massimo per ogni pilastro della roadmap, ciò significa che il potenziale dell’export digitale non è ancora del tutto esplorato e ci sono ancora ampi margini di crescita”.