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L’e-commerce una manna per l’economia italiana: impatto da 133,6 miliardi, il 7% del Pil



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È quanto emerge da un report realizzato da Netcomm in collaborazione con Althesys. La filiera ha contribuito a creare 1,6 milioni di posti di lavoro, il 6,4% degli occupati nel nostro Paese. Il presidente Liscia: “Il commercio elettronico un nemico da contrastare? Pregiudizio infondato”. Ma il livello di digitalizzazione delle imprese è ancora insufficiente: “Necessarie politiche che aiutino a cogliere le opportunità”

Pubblicato il 29 mag 2024




Nel 2022 l’e-commerce ha generato in Italia un valore condiviso di oltre 133,6 miliardi di euro, pari al 7% del Pil. Si tratta di un dato che, rispetto all’anno precedente, è cresciuto del 13,9%. Considerando gli effetti indotti, diretti e indiretti, la filiera contribuisce a creare 1,6 milioni di posti di lavoro (+12,4% rispetto al 2021), rappresentando il 6,4% degli occupati nel Paese, per un totale di 35 miliardi di euro di salari lordi nella sola filiera (+13,2% rispetto al 2021). A beneficiare della ricchezza generata dalla filiera è l’intera società: grazie a questo valore, lo Stato può investire 49,6 miliardi di euro in servizi pubblici e infrastrutture, migliorando il benessere della collettività e supportando lo sviluppo economico del Paese con il 37% del totale generato, che corrisponde al 9,1% delle entrate fiscali 2022.

Sono queste le principali evidenze della ricerca realizzata da Netcomm, il Consorzio del Commercio Digitale in Italia, in collaborazione con Althesys, società di ricerca indipendente, presentata in occasione del Convegno dal titolo “Elezioni Europee e Commercio Digitale – Scenari Futuri e Prospettive per la Competitività dell’Italia e dell’Europa” che si è tenuto questa mattina a Roma.

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Liscia: “Servono politiche di sostegno per l’apertura ai mercati internazionali”

“L’e-commerce come ‘nemico da contrastare’ è un pregiudizio infondato e superato. I numeri parlano chiaro: il 7% del Pil del nostro Paese è generato dall’impatto che la filiera dell’e-commerce ha sull’economia italiana”, commenta Roberto Liscia, Presidente di Netcomm, che insieme all’Associazione europea Ecommerce Europe ha presentato ufficialmente il Manifesto “Digital Commerce: la nostra visione per il Futuro dell’Europa” con l’obiettivo di veicolare all’attuale e futura classe dirigente delle precise istanze al fine di favorire lo sviluppo di un quadro normativo semplice, armonizzato e, soprattutto, sensibile alle peculiarità del mercato italiano, dove le piccole e medie imprese rappresentano una porzione vitale dell’economia.

“La politica non può ignorare queste evidenze: stiamo parlando di un comparto che vale oltre 133,6 miliardi di euro, il cui 37% è assorbito dallo Stato tra imposte e contributi, a beneficio dell’intero sistema”, continua Liscia. “Ad oggi, il 4,7% del totale del fatturato delle aziende italiane viene registrato dal canale e-commerce. Pur essendo una percentuale in crescita – essendo quasi raddoppiata dal 2014 quando era al 2,2% – le potenzialità di sviluppo di questo settore sono ancora molto ampie. Il grado di digitalizzazione delle nostre imprese è ancora insufficiente e sono necessarie politiche che le supportino nel cogliere le opportunità di aprirsi ai mercati internazionali attraverso il digitale, incrementando l’export. Occorre intervenire sul sistema educativo italiano orientandolo al digitale con programmi di formazione che forniscano conoscenze operative. Auspichiamo, inoltre, che il governo adotti strategie di collaborazione sempre più serrate con i soggetti privati a favore del sistema Paese, dove le nuove tecnologie e le innovazioni come l’intelligenza artificiale rappresentano un asset di sviluppo fondamentale per le nostre imprese”.

Come si distribuisce l’impatto economico lungo la filiera

La ricerca di Netcomm in collaborazione con Althesys ha individuato tre macro-fasi in cui sono raggruppate tutte le categorie che compongono l’intera filiera dell’e-commerce, che vede al centro gli online seller (retailer, brand e marketplace), a monte i fornitori (servizi informatici, di marketing, consulenza, componenti materiali e altri servizi) e a valle il supporto alle attività di vendita (logistica e sistemi di pagamento).
Gran parte del valore condiviso (il 46,4%) si genera nella fase centrale, ossia quella delle attività degli online seller, che corrisponde a 61,9 miliardi di euro, in crescita dell’8,5% rispetto al 2021, e che occupava 773mila persone nel 2022, un numero aumentato del 7,7% rispetto all’anno precedente.
Il resto del valore è equamente distribuito tra la fase che precede le vendite online (fornitori), che ha generato 36,6 miliardi di euro (il 27,4% del totale), in crescita dell’8% rispetto al 2021, e occupa 445.400 addetti, in crescita dell’8,7% rispetto al 2021; e la fase che segue la vendita online (supporto alle attività di vendita), che ha messo in moto 35,1 miliardi di euro (il 26,3% del totale), in crescita del 33% rispetto al 2021, così come il numero di occupati che è pari a 415.100 nel 2022 e segna un significativo aumento rispetto al 2021, pari al +27%.

“Il commercio elettronico è una leva importante per aumentare la crescita dell’Italia e creare valore condiviso per tutto il suo sistema socio-economico, spingendo l’export e valorizzando il Made in Italy”, spiega Alessandro Marangoni, ceo di Althesys e Presidente dello Shared Value Institute. “Il nostro Paese ha straordinarie potenzialità inespresse e l’e-commerce offre un’opportunità che altre nazioni paiono sfruttare meglio. Servono politiche che ne favoriscano uno sviluppo armonico: misure volte a formare capacità digitali, normative italiane ed europee che tutelino il consumatore senza inibire lo sviluppo delle imprese e, infine, accesso a finanziamenti e incentivi per la digitalizzazione delle pmi”.

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