IL PROVVEDIMENTO AGCOM

Editoria online, in Italia scatta l’equo compenso a carico di Microsoft



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Il colosso americano deve remunerare il Gruppo Gedi per l’utilizzo delle pubblicazioni di carattere giornalistico sul motore di ricerca Bing. È la prima volta che l’Autorità calcola l’importo a carico di una big tech, ma la cifra è “secretata”

Pubblicato il 25 lug 2024



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Agcom ha determinato l’ammontare dell’equo compenso che Microsoft deve a Gedi per l’utilizzo online delle pubblicazioni giornalistiche del gruppo editoriale sul motore di ricerca Bing. A darne notizia è in una nota l’Autorità per le garanzie per le comunicazioni, a seguito dell’approvazione della misura nel consiglio del 14 luglio, con il voto contrario della commissaria Elisa Giomi. “Si tratta – spiega la nota – del primo provvedimento adottato da Agcom che coinvolge un prestatore di servizi della società dell’informazione diverso dalle imprese di media monitoring e rassegne stampa”. Agcom non rende noto però il dettaglio della cifra calcolata che sarà comunicata solo ed esclusivamente alle parti in causa a fini di consentire un accordo fra le stesse.

Il processo di valutazione

L’Autorità, spiega ancora Agcom, ha valutato le proposte economiche formulate dalle parti e ha ritenuto che nessuna di queste fosse conforme al regolamento, determinando così in autonomia l’equo compenso spettante a Gedi.

Con l’occasione l’authority è anche intervenuta sul tema della definizione di “estratto molto breve”, specificando che “in applicazione dell’articolo 4 del Regolamento, in caso di utilizzo di pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori diversi dalle imprese di media monitoring e rassegne stampa, l’equo compenso dovuto agli editori è calcolato sulla base dei ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell’editore, al netto dei ricavi dell’editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore”. A questa base di calcolo, specifica Agcom, si applica un’aliquota fino al 70%.

La base di calcolo

Pel determinare la base di calcolo, Agcom ha preso in considerazione i meccanismi di funzionamento di Bing, valutando nello specifico una serie di criteri come il numero di consultazioni online delle pubblicazioni, la rilevanza dell’editore sul mercato, il numero di giornalisti, l’adesione e la conformità, dell’editore e del prestatore, a codici di autoregolamentazione e a standard internazionali in materia di qualità dell’informazione e di fact-checking, gli anni di attività dell’editore in relazione alla storicità della testata.

“Per ciascuno dei menzionati criteri sono state applicate delle percentuali calcolate in base a quanto previsto dalla Nota metodologica che fornisce indicazioni di dettaglio sui diversi elementi che compongono il modello di calcolo cui si attiene Agcom per la valutazione della conformità delle proposte economiche delle parti – conclude il comunicato di Agcom – o per la definizione dell’ammontare dell’equo compenso”.

Perché la Commissaria Giomi ha votato contro

Pure nel ritenere il provvedimento “di portata storica” la commissaria Giomi ritiene altresì che “Il risultato ottenuto non sia all’altezza dell’impresa”.

La Commissaria evidenzia alcune problematiche: la prima riguarda “il precedente che si crea con l’equiparazione tra ‘estratto molto breve’ e pubblicazione giornalistica integrale”, spiegando che “la direttiva europea esenta estratti brevi dal pagamento dell’equo compenso mentre Agcom arbitrariamente lo applica in considerazione di presunte mutate abitudini di consumo che avrebbero ormai sostituito la lettura dell’articolo originario con la sua sintesi”. Secondo la Commissaria poi “il cosiddetto equo compenso dovuto dal motore di ricerca all’editore non è calcolato in base all’effettivo utilizzo dei brevi estratti, che Agcom non ha individuato né quantificato, ma attraverso una stima dei ricavi pubblicitari del motore di ricerca. Quindi è stato stabilito non in rapporto al reale valore della prestazione dell’editore, come sarebbe stato giusto, ma in via amministrativa e dirigista in base alle entrate pubblicitarie del motore di ricerca. La logica applicata, quindi, non è stata quella di determinare un compenso in via perequativa, cioè mediando tra gli opposti interessi delle parti per farle convergere verso un accordo, come è nel compito dell’arbitro Garante”.

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