STRATEGIE

Effetto-dazi, Fitbit lascia la Cina: “Pronti a modificare la supply chain”

L’azienda americana dei wearable sposta le fabbriche nel Sud-est asiatico: le politiche di Trump rischiano di far impennare i prezzi dei suoi bracciali e smartwatch minacciandone la competitività

Pubblicato il 11 Ott 2019

nexi-fitbit

Fitbit ha annunciato che sposterà fuori dalla Cina le attività di produzione per i suoi dispositivi wearable per evitare l’impatto dei dazi americani sui beni importati dal paese asiatico. Da gennaio 2020, tutti i bracciali connessi per il fitness e gli  smartwatch di Fitbit non saranno più fabbricati in Cina.

Modifiche lungo la filiera

Il Cfo di Fitbit, Ron Kisling, ha spiegato che, fin dal 2018, con l’inizio della trade war, l’azienda ha cominciato a valutare le opzioni alternative alla Cina, perché i dazi imposti da Washington rischiano di far salire i costi della reimportazione dei prodotti negli Usa e, di conseguenza, i prezzi per i consumatori finali. “Abbiamo apportato modifiche alla nostra supply chain e alle nostre operazioni di manufacturing e presto implementeremo nuovi cambiamenti”, ha indicato Kisling.

Secondo i media americani, Fitbit continuerà a produrre in Asia rivolgendosi ai partner della manifattura nel Sud-est del continente, che garantiscono costi del lavoro in linea con quelli cinesi e si trovano in prossimità dei fornitori di componenti cinesi.

Effetto trade war

Quest’anno il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato una nuova ondata di dazi su beni importati dalla Cina per un valore di 550 miliardi di dollari, esasperando la trade war già in corso e colpendo, per la prima volta, anche prodotti consumer. A fine dicembre sarà attiva la nuova tornata di dazi: per questo Fitbit si è organizzata per spostare fuori dalla Cina la quasi totalità della produzione dal primo gennaio 2020.

Fitbit ha sempre espresso la propria contrarietà alle aggressive politiche commerciali di Washington. In una lettera inviata a giugno all’amministrazione Trump, Fitbit insieme a diverse altre aziende degli Stati Uniti, tra cui Apple, ha indicato la propria opposizione al progetto di estendere i dazi sulle importazioni cinesi, sottolineando che alla fine la trade war darà un vantaggio ai produttori di device cinesi che operano negli Stati Uniti, che potranno offrire prodotti a prezzi più bassi dei marchi Usa.

Margini a rischio

Fitbit è più esposta di altre aziende americane all’effetto dei dazi contro la Cina, perché è già alle prese con la concorrenza che le rosicchia quote di mercato. L’azienda con sede a San Francisco è la numero due mondiale dei dispositivi indossabili col 12% dello share alla fine del 2018 (dati di Strategy Analytic; Apple domina col 50%), ma per rafforzare il posizionamento ha deciso di ridurre il prezzo di alcuni dei suoi prodotti – in modo da conquistare nuove fasce di pubblico – e ha potenziato i servizi digitali, cercando di capitalizzare sui clienti esistenti e competere al meglio con Apple. Ma tali misure sono efficaci finché Fitbit riesce a tutelare i suoi margini di guadagno – già sotto stress nel secondo trimestre (al 34,5% contro il 39,8% di un anno prima). La guerra dei dazi rischia di mandare a monte l’intera strategia.

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