I limiti elettromagnetici rischiano di frenare i processi di digitalizzazione. È quanto emerso al seminario “Le infrastrutture di telecomunicazione: intervento pubblico e strategie delle imprese”, organizzato da Astrid-Led in memoria di Raffaele Tiscar.
“Se si vuole contribuire alla digitalizzazione del Paese non bisogna cadere in un paradosso: tutti vogliamo strumenti digitali, ma abbiamo i limiti elettromagnetici più bassi di Europa. Un grande paradosso che non può trovare ancora terreno fertile nel nostro Paese”, ha sottolineato Michelangelo Suigo, direttore delle Relazioni esterne, comunicazione e sostenibilità di Inwit.
Per Roberto Basso, Direttore External Affairs & Sustainability di WindTre, “al fine di stimolare gli investimenti privati occorre, tra le altre leve, agire sui limiti elettromagnetici, che in Italia sono scandalosamente inferiori rispetto a quelli adottati negli altri Paesi e che rischiano di vanificare l’efficacia dell’Fwa”. Basso ha poi ricordato che “è stato introdotto il principio di neutralità tecnologica, uno dei contenuti più innovativi, ma – avverte – c’è il rischio di vanificarlo proprio per via dei limiti vigenti”.
I limiti elettromagnetici in Italia
L’Italia si pone in ultima posizione rispetto ai valori adottati dalla maggior parte degli Stati membri: 6 V/m valido per tutte le frequenze utilizzate dai dispositivi mobili rispetto ai valori Icnirp di 41 V/m per la banda a 900 Mhz, 58 V/m per la banda a 1800 Mhz – entrambe utilizzate dal 4G – e 61 V/m per le bande 2100 e 2600 Mhz, in uso per il 3G e il 4G. Solo la Polonia ha dei valori limiti comparabili con quelli nazionali.