Il conto alla rovescia verso il 4 marzo è partito. I programmi elettorali non sono ancora del tutto definiti, ma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel discorso di fine anno, ha invitato le forze politiche a concentrarsi sulle priorità e sulle azioni concrete. “Il lavoro resta la prima, e la più grave, questione sociale. Anzitutto per i giovani, ma non soltanto per loro”, ha detto il Presidente.
I dati sono allarmanti: le ultime rilevazioni dell’Istat, quelle relative al terzo trimestre, fissano all’11,2% il tasso di disoccupazione. Un dato che fotografa una situazione stagnante, di impasse. Rispetto allo stesso periodo del 2016 il “miglioramento” – a voler guardare il bicchiere mezzo pieno – è stato appena dello 0,4%. Praticamente encefalogramma piatto. Recuperare il gap non sarà facile eppure una via d’uscita ci sarebbe. La chiave di volta è rappresentata dalle nuove competenze, quelle che fanno rima con il digitale.
A fine dicembre Commissione europea ed Europarlamento hanno messo nero su bianco, nella dichiarazione congiunta a seguito dell’Internet Governance Forum, la necessità di creare e sviluppare competenze digitali fra le priorità 2018. I dati, anche in questo caso, sono allarmanti: sono circa 170 milioni i cittadini europei (fra i 16 e i 74 anni) completamente a digiuno di digitale ossia incapaci di utilizzare persino gli strumenti considerati di “base”. Ad accendere i riflettori sull’Italia il rapporto dell’Ocse “Getting Skills Right”, secondo cui l’offerta e la domanda di competenze tendono ad appiattirsi verso il basso innescando un “circolo vizioso” che impatta inevitabilmente in maniera negativa su produttività, crescita e persino sull’utilizzo stesso delle nuove tecnologie. E nonostante siano ancora tanti i lavoratori italiani con scarse competenze informatiche – evidenzia il report – una considerevole parte dei fondi interprofessionali (a disposizione per la formazione continua) “sono stati spesso indirizzati verso lo sviluppo di competenze in aree che sono solo marginalmente collegate alle sfide dettate dal rapido cambiamento tecnologico, la globalizzazione o l’automazione”.
Se è vero che il Piano Industria 4.0 è stato fatto ora però bisogna fare i lavoratori. Confindustria Digitale, Anitec-Assinform, Assintel e più in generale tutte le associazioni rappresentative dell’Ict italiano da tempo si spendono sul tema delle competenze e sull’importanza di riqualificare il mondo del lavoro per dare una possibilità di recupero al Paese. Riusciranno le forze politiche a passare all’azione “digitale”? Sapranno essere lungimiranti nel mettere a punto programmi orientati al presente-futuro e a proporre programmi concreti?