Web tax in bilico. La manovra 2018 che contiene le nuove norme sulla tassazione dei big di Internet rischia di rimanere al palo se il ministero dell’Economia non varerà, entro il 30 aprile, il decreto attuativo che fissa quali servizi verranno tassati oppure no. La tabella di marcia si incrocia però con le elezioni perviste il 4 marzo e con la fasi convulse della formazione del nuovo governo. Una cosa però è certa: se non verrà varato il decreto attuativo la web tax resterà una chimera.
La tassa sarà applicata come ritenuta alla fonte sulle transazioni e colpirà solo i soggetti che effettuano oltre 3mila transazioni di servizi nell’anno solare. Scompaiono sia le comunicazioni all’agenzia delle Entrate e dunque lo spesometro per tracciare le imprese digitali, sia il credito d’imposta riconosciuto alle imprese residenti per evitare doppie tassazioni e scompare anche il ruolo di sostituti d’imposta a carico delle banche. Non saranno comunque penalizzate le piccole imprese in contabilità semplificata e i cosiddetti minimi. L’entrata in vigore resta fissata al 1° gennaio 2019 e, con l’addio al credito d’imposta, il gettito già stimato in 114 milioni al senato aumenta di altri 76 milioni. Servirà però un decreto attuativo del Mef a definire quali servizi saranno tassati o meno.
Ma la norma così concepita non convince gli addetti ai lavori. Secondo l’Upb, Ufficio parlamentare di bilancio, “potrebbe determinare uno svantaggio competitivo delle imprese residenti”. Le italiane pagherebbero infatti gli altri tributi nazionali aggiungendo anche questo nuovo balzello, mentre le multinazionali assolverebbero così gli obblighi con un tributo del 3%, continuando a pagare “aliquote irrisorie in paesi a fiscalità privilegiata”.
Ecco perché l’Upb auspica un coordinamento tra Paesi e teme anche problemi di applicazione del nuovo tributo. Il gettito previsto dalla relazione tecnica è di 190 milioni di euro – ricorda l’Upb – e la finalità differisce dalle ipotesi del passato che puntavano al recupero di imposte dalle società internazionali, perché “la nuova imposta è prelevata sulla transazione di natura digitale evitando di differenziare la sua applicazione sulla base della residenza”.
“Il nuovo tributo potrebbe determinare uno svantaggio competitivo delle imprese residenti sia rispetto al mercato tradizionale interno sia rispetto al mercato internazionale – spiegano i tecnici – Infatti i ricavi delle imprese digitali residenti sono sottoposti non solo al nuovo tributo, ma anche alle altre imposte dirette con le aliquote vigenti in Italia, con un onere di imposta effettivo più elevato”.
”Al contrario, per le multinazionali non residenti – afferma l’Upb – il nuovo tributo potrebbe assolvere definitivamente agli obblighi tributari in Italia continuando a pagare aliquote di imposta irrisorie nei paesi a fiscalità privilegiata.
L’Upb propone di seguire una strada diversa, che in realtà il governo italiano ha già avviato. “Una efficace politica di contrasto ai problemi posti dall’elusione fiscale aggressiva delle grandi multinazionali del web e dalla concorrenza fiscale dannosa tra i vari sistemi tributari nazionali – sostiene l’Ufficio Parlamentare di Bilancio – richiederebbe azioni di cooperazione e di coordinamento tra i diversi paesi, ma queste decisioni sono condizionate dai tempi (lunghi) della consultazione e della decisione internazionale. Nelle more di queste decisioni l’introduzione in Italia di un prelevo specifico sulle multinazionali digitali sembra andare oltre la semplice moral suasion di altri provvedimenti e sembra volere anticipare possibili interventi, almeno di breve periodo, concordati a livello internazionale”.
In questo senso si sta già muovendo l’Europa. E’ stato raggiunto l’accordo di massima tra Commissione ed Europarlamento: si lavora ad un’imposta sui profitti generati a livello Ue per le multinazionali del digitale con deroghe per le piccole imprese. La riscossione avverrà a livello centrale, niente ripartizione tra gli Stati membri
I ricavati della tassazione non saranno ripartiti tra gli Stati membri ma saranno di proprietà esclusiva della Commissione che li metterà a bilancio come risorse proprie”. Il progetto prenderà forma nel Bilancio 2020.