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Elezioni, campagna all digital

Account social di rigore per i candidati alle prime elezioni 2.0 che si svolgono in Italia, anche se i nostri politici sono ancora web parvenu

Pubblicato il 16 Feb 2013

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Mai come per queste elezioni la campagna è digitale. Se pure i sondaggi confermano che l’elettorato resta in maggioranza influenzato dalla tv – secondo Swg la televisione ha potere di persuasione sul 30% degli italiani, Internet aiuta a decidere l’11% – questo è il primo anno, nella storia del nostro Paese, del pieno utilizzo del web 2.0 nell’arena politica. Sono circa 22 milioni gli italiani che si collegano ogni mese a Facebook (14 milioni al giorno) e 4 milioni alla settimana “cinguettano” su Twitter.

Per non parlare di chi naviga tra siti di informazione, siti di partiti politici, blog e forum di ogni genere. Una platea vasta e in costante crescita, in grado di collegarsi a Internet in qualsiasi momento grazie agli oltre 8,5 milioni di smartphone e ai 2,5 milioni di tablet circolanti nel Paese, perciò destinata a stuzzicare gli appetiti dei candidati a caccia di consensi. Il primo a crederci è stato Beppe Grillo che in qualche modo ha fatto da apripista alle altre formazioni politiche. Dopo aver conosciuto una decina di anni fa Gianroberto Casaleggio, imprenditore IT, il comico genovese ha aperto un blog nel 2005, riscuotendo in pochi anni grande successo.

Nell’ottobre 2009 ha fondato il Movimento 5 Stelle e lo stesso anno è sbarcato su Twitter. Primo e per ora unico esempio in Italia di movimento nato dalla rete, l’M5S ha però suscitato recentemente perplessità per la gestione delle primarie, organizzate online. Sotto accusa i pochissimi votanti, meno di 32mila persone, ma anche le modalità di registrazione e la selezione dei candidati. Se Grillo è stato il primo ad accorgersi del web, l’ultimo in ordine di tempo è il premier uscente Mario Monti, che ha debuttato sui social solo di recente.

Silvio Berlusconi si è dedicato anima e corpo alle apparizioni televisive, mentre Pierluigi Bersani è iscritto a Twitter da giugno 2009 (vedi box). Da un monitoraggio sulle reti social realizzato da Almawave a gennaio, è emerso che Grillo è in testa con 1.800.000 like e follower, distaccando di oltre 1 milione il secondo classificato, Nichi Vendola, leader di Sel, seguito a sua volta da Matteo Renzi del Pd. Da un’altra indagine condotta da Twig risulta, in generale, che i politici del centrosinistra sono più numerosi sui social rispetto a quelli del centrodestra e le donne sono quasi assenti dalla lista dei più seguiti (la prima è Debora Serracchiani, all’11esimo posto per follower e tweet).

Anche la Lega si è accorta dell’importanza della rete: per la corsa alla presidenza della Regione Lombardia, Roberto Maroni ha deciso di utilizzare una piattaforma multicanale realizzata in collaborazione con Google. Tra i politici che di recente si sono distinti per la loro presenza sui social c’è il ministro per lo Sviluppo economico Corrado Passera, che ha lanciato il primo tweet il 7 gennaio e non si è più fermato. Ma Internet è anche un’enorme cassa di risonanza di messaggi inviati attraverso altri media (tv in primis): per esempio la rete si è scatenata sulla “proposta shock” di restituzione dell’Imu lanciata il 3 febbraio da Silvio Berlusconi con 11.463 reazioni tra like, commenti e condivisioni.

In realtà sono in molti a pensare che nel nostro Paese la “politica digitale” sia ancora arretrata. “A questa campagna tutti i movimenti politici sono arrivati incredibilmente impreparati, anche sul fronte dei social” osserva Edoardo Novelli, ricercatore al Dipartimento di Comunicazione dell’Università Roma Tre. “I nostri partiti – incalza Pier Domenico Garrone, direttore de “Il Comunicatore” – gestiscono la comunicazione via web con mentalità antiquata e carenza di competenze tecnologiche. Lo staff dei candidati tende a usare Twitter come un ufficio stampa, invece è uno strumento di dialogo e di costante interazione”. Altro elemento importante è la capacità di compenetrazione e di scambio costante tra vecchi e nuovi media, pur con ruoli diversi. “Il 69% di chi è connesso alla rete – ricorda Garrone – guarda anche i programmi tv. La tv, a mio parere, mantiene la sua valenza di notorietà, cioè rende popolari, ma è la rete che assume il ruolo di orientamento del consenso”.

“Vecchi e nuovi media non sono così separati – conferma il semiologo Ugo Volli – basti pensare che Facebook e Twitter si occupano di politica quasi sempre rilanciando temi proposti da tv e giornali. Berlusconi ospite da Santoro è stato l’evento più ritwittato nella storia italiana. In ogni caso un buon posizionamento sui social non è la bacchetta magica: Barack Obama ha vinto per il suo messaggio, non certo solo perché sapeva usare la rete”.

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