il caso

Enel e la multa a Google da 100 milioni: l’avvocato della Corte Ue dà ragione all’Italia



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La sanzione comminata dall’Antitrust a seguito del rifiuto della società di Alphabet di rendere compatibile con Android Auto l’applicazione dell’azienda Juice Pass per prenotare le colonnine di ricarica delle auto elettriche. La replica della big tech: “Prendiamo atto del parere e attendiamo la decisione finale”. Nel Regno Unito via a un’indagine per abuso di posizione dominante nell’advertising

Pubblicato il 6 set 2024



giustizia – processo – giudice – tribunale – magistratura 2

L’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue propende per l’Antitrust italiana, che ha comminato a Google una maximulta da 100 milioni di euro: il comportamento della controllata di Alphabet, sanzionata dall’authority per il rifiuto a Enel X di rendere compatibile con Android Auto l’applicazione dell’azienda italiana Juice Pass, infatti, “potrebbe violare il diritto della concorrenza”.

Le conclusioni dell’avvocato generale

Il parere dell’avvocato generale è propedeutico all’ultimo passaggio di un caso che da nazionale è diventato comunitario. Al ricorso di Alphabet alla decisione dell’autorità italiana, confermata dal Tar, il Consiglio di Stato si è infatti rivolto alla Corte di Lussemburgo, chiedendo se la condotta di Google costituisca effettivamente un abuso di posizione dominante. In questo senso, il parere dell’avvocato generale non è vincolante per la sentenza della Corte, ma è spesso un orientamento significativo di quanto verrà deciso.

Nelle sue conclusioni, l’avvocato generale Laila Medina esamina se la causa ricada nella tradizionale giurisprudenza applicabile al rifiuto da parte di un’impresa dominante di concedere l’accesso. Medina valuta poi se gli obblighi di accesso, in termini di interoperabilità, impongano alle imprese dominanti di tenere un comportamento attivo, come la creazione del software necessario.

“Il rifiuto da parte dell’impresa dominante di concedere a un operatore terzo l’accesso a una piattaforma come quella in causa può essere oggettivamente giustificato” se “tecnicamente impossibile” o può incidere sulle prestazioni della piattaforma o “porsi in contrasto con il suo modello economico o con la sua finalità economica”.

Ma il semplice fatto che per dar accesso alla piattaforma l’impresa debba sviluppare un template del software che tenga conto delle esigenze specifiche dell’operatore che chiede l’accesso “non può di per sé giustificare un diniego di accesso, a condizione che sia concesso un lasso di tempo adeguato per lo sviluppo in parola e che quest’ultimo sia oggetto di un adeguato compenso a favore dell’impresa dominante”. E “il diritto della concorrenza dell’Unione non impone un obbligo di definire ex ante criteri oggettivi per l’esame delle richieste di accesso” alla piattaforma.

Come si è sviluppato il caso

Nel 2015 Google ha lanciato Android Auto, un’applicazione per dispositivi mobili con sistema operativo Android, che consente agli utenti di accedere ad alcuni applicazioni presenti sul loro smartphone tramite lo schermo integrato di un’automobile. Sviluppatori terzi possono creare le loro versioni delle proprie applicazioni compatibili con Android Auto usando modelli di software (template) forniti da Google.

Enel X appartiene al gruppo Enel e fornisce servizi per la ricarica di autovetture elettriche. Nel maggio 2018 ha lanciato JuicePass, un’applicazione che offre una serie di funzionalità per la ricarica dei veicoli elettrici. Nel settembre 2018 Enel X ha chiesto a Google di rendere JuicePass compatibile con Android Auto. Google ha rifiutato, affermando che, in assenza di un template specifico, le applicazioni di media e di messaggistica erano le uniche applicazioni di terzi compatibili con Android Auto.

Google ha giustificato il suo rifiuto sulla base di preoccupazioni relative alla sicurezza e alla necessità di allocare in modo razionale le risorse necessarie per la creazione di un nuovo template.

L’Autorità italiana garante della Concorrenza ha concluso che il comportamento di Google violava il diritto della concorrenza dell’Unione europea. Essa ha affermato che, ostacolando e procrastinando la pubblicazione di JuicePass su Android Auto, Google aveva abusato della sua posizione dominante. Google ha contestato tale decisione dinanzi al Consiglio di Stato italiano, che si è rivolto alla Corte di giustizia.

La risposta di Google

“Prendiamo atto del parere dell’avvocato generale e attendiamo la decisione finale della Corte. Da quando è iniziata questa vicenda, abbiamo lavorato per aggiungere il modello richiesto da Enel, e molte app simili sono già disponibili a livello globale su Android Auto“, spiega un portavoce di Google.

Google nel mirino dell’Antitrust britannica

Una nuova contestazione Anrtitrust arriva intanto a Google anche da Regno, dove l’authority locale ha messo sotto inchiesta la multinazionale statunitense per abuso di posizione dominante sulla pubblicità online.

La Competition and Markets Authority, nello specifico, prosegue nella scia delle contestazioni già aperte dalla Commissione Europea e dal Dipartimento di Giustizia negli Stati Uniti. Secondo le “conclusioni provvisorie” raggiunte dalla Cma al termine di una prima indagine, infatti, Google metterebbe in campo “preatiche anti-competitive” nell’advertising, che “possono danneggiare migliaia di editori e inserzionisti” pubblicitari.

Sotto i riflettori c’è il fatto che le pratiche di Google costringerebbero “una vasta maggioranza di editori e inserzionisti a usare Google (…) per poter vendere e comprare spazi pubblicitari sui siti web”. “Google – argomenta la Cma – impone uno svantaggio ai suoi concorrenti”, negando agli inserzionisti una “migliore concorrenza a sostegno della promozione del loro business”.

 

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