Sarà Engineering la prossima preda italiana dei “conquistadores” stranieri, stavolta con addosso una maglia probabilmente diversa da quella spagnola? Il timore, su cui nessuna delle parti in causa ha ritenuto sinora di commentare o smentire, è stato sollevato in un articolo del Corriere della Sera a firma di Sergio Rizzo.
In effetti, il sospetto non sembra per niente campato in aria. Basta dare un’occhiata al libro soci e, flottante a parte, si vede che accanto al 34% che fa capo alla famiglia di Michele Cinaglia, nel 1980 uno dei fondatori di Engineering, compare la banca d’affari Jp Morgan con un “meticoloso” 29,9% frutto di un’altra operazione: l’acquisizione di quasi tutte le quote Engineering facenti capo alla famiglia raccolta attorno ad un altro dei fondatori della società, Rosario Amodeo.
Circa 800 milioni di fatturato, 7.000 dipendenti diretti ed altri 3.000 indiretti, 40 sedi in Italia e all’estero, una capitalizzazione di Borsa di quasi 450 milioni ma un valore potenziale di almeno 500 secondo alcuni analisti, clienti del calibro delle maggiori banche italiane, Eni e Enel, Consob, Postre, Ferrovie, ministeri, Regioni: insomma, una delle più importanti realtà italiane dell’It.
I timori di un possibile attacco speculativo volto a ridisegnare gli equilibri di comando in Engineering nascono proprio da quel 29,9% acquisito da Jp Morgan la scorsa estate. Un po’ meno del 32% che apparteneva agli Amodeo. E giusto uno 0,1% in meno prima che, secondo l’attuale legge sull’Opa, scatti l’obbligo di lanciare un’offerta pubblica di acquisto sull’intero capitale sociale.
La cosa, ovviamente, non potrebbe che fare contenti gli azionisti minori e, se intendesse uscirne, anche la famiglia Cinaglia che vedrebbe così valorizzate le proprie azioni più dell’attuale valore di Borsa. Ma farebbe contenta anche la famiglia Amodeo che potrebbe così approfittare dell’offerta per cedere quel che di Engeenering gli è rimasto nel cassetto.
Fin qui sarebbe un’operazione finanziaria come molte altre, anche se segnerebbe l’uscita dall’azienda e dalla sua gestione di tutti i suoi fondatori.
Tuttavia, è proprio la solidità dell’azienda che potrebbe esserne messa in discussione da un’eventuale offerta ostile contro i Cinaglia che non hanno nessuna intenzione di perdere il controllo della società. Del resto, la stessa Jp Morgan ha esercitato solo parzialmente l’opzione sul 32% dei Cinaglia, fermandosi giusto sotto l’asticella dell’Opa.
Tuttavia, ciò non basta a scongiurare Il timore è che Jp Morgan si comporti con Engineering allo stesso modo di Colaninno con Telecom Italia nel 1999: costruire un veicolo finanziario da indebitare per l’acquisizione, salvo poi fonderlo con la preda riempendola di debiti e costretta a ripagare se stessa. Quel che non è avvenuto ieri, potrebbe avvenire domani.
L’operazione metterebbe a rischio – lo si è visto ad abundantiam con Telecom Italia – l’unitarietà aziendale (proprio lo scorso 15 aprile Engineering ha messo a punto un altro tassello della propria riorganizzazione fondendo Engineering IT nella capogruppo), ma anche compromettendo la propria capacità di investire in tecnologie e sviluppo.
Il rischio di una nuova Telecom Italia stavolta ai danni di una delle più significative aziende IT italiane? O il passaggio all’estero di un altro gioiello tecnologico del Paese? È appunto l’allarme lanciato dal Corriere della Sera. Difficile dire se tutto ciò sia imminente o probabile. Certo, non è da escludere. Quanto al titolo, nell’ultimo anno è cresciuto del 40%.