Equo compenso, Confindustria digitale affila le armi: “Pronti al ricorso”

L’associazione scende in campo contro il decreto Franceschini. Il presidente Elio Catania: “Il sistema va completamente rivisto a tutela anche degli interessi dell’industria dell’innovazione”. Avenia (Asstel): “Il provvedimento minaccia una filiera già in difficoltà”

Pubblicato il 26 Giu 2014

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“Il sistema dell’equo compenso va completamente rivisto per rappresentare anche gli interessi e i trend dell’industria digitale e dei consumatori. Siamo pronti a fare ricorso”. Con queste parole Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale, apre la conferenza stampa che si è tenuta questa mattina a Roma e che ha visto anche la partecipazione di Cesare Avenia, presidente Asstel, e Salvatore Paparelli, consigliere Anitec.

Nel mirino della critica c’è il decreto, finora reso noto solo attraverso un comunicato stampa del Mibact nella giornata di venerdì, che stabilisce gli aumenti del compenso dovuto agli aventi diritto (autori di opere audiovisive) a titolo di risarcimento per l’eventuale copia legale effettuata dal consumatore, che graveranno sui prodotti digitali.

“Riteniamo l’aumento del compenso per copia privata annunciato dal Ministro Franceschini non solo una misura del tutto ingiustificata rispetto agli attuali trend tecnologici e di consumo, ma anche un segnale in contrasto con l’esigenza, riconosciuta prioritaria dallo stesso Governo Renzi, di favorire l’innovazione digitale nel Paese”, continua Catania, che aveva manifestato la sua contrarietà al decreto subito dopo l’uscita del comunicato stampa del Mibact e prima delle associazioni di consumatori.

L’adeguamento dell’equo compenso viene applicato sui dispositivi digitali, in base alla loro capacità di memoria. E i dati disponibili mostrano come il decreto Mibact colpisca quelli con più mercato: per gli smartphone e per i tablet, infatti, la tassa applicata potrà arrivare a 4 euro per i dispositivi da 16 Gb di memoria a 4,8 euro per quelli da 32 Gb. Per i pc, la stima è di 5,20 euro. Si tratta di aumenti che porteranno il gettito totale per le casse Siae a circa 157 milioni di euro nel 2014 (+150% rispetto al 2013), considerando i trend di crescita del mercato di consumo elettronico nell’anno corrente. Una cifra che verrebbe a costituire il 22% del gettito complessivo del diritto d’autore nel 2014. “In questo modo la funzione del compenso da copia privata passa da residuale , come previsto dalla legge, a sostanziale, assumendo il carattere di vero e proprio sussidio verso l’industria della cultura. E per noi è inaccettabile che con un provvedimento unilaterale del Mibact si faccia politica industriale disponendo il trasferimento di risorse da un settore economico all’altro”, prosegue Catania.

Secondo il rapporto Castex il gettito 2012 dei compensi per copia privata ha raggiunto in Europa la cifra di 600 milioni di euro. Con il nuovo decreto il gettito corrisposto dall’Italia sarebbe pari al 25% della raccolta complessiva europea a fronte di un rapporto tra Pil italiano ed il Pil espresso dalla somma dei Pil dei Paesi che concorrono alla raccolta totale pari al 15%.

Gli aumenti nei prezzi dei dispositivi verranno verosimilmente caricati sul consumatore. “E’ difficile riassorbire aumenti del 400% (per gli smartphone, ad esempio, si passa da 0,90 a 4-4,80, ndr). Si tratta di fatto di un sussidio e il rischio che vada a carico del consumatore è molto alto. Possibile che nel momento in cui l’Europa si avvia a dare una spinta all’innovazione noi andiamo in controtendenza?”

In effetti, i dati riguardanti l’equo compenso e le modalità di raccolta negli altri paesi europei parlano chiaro: l’equo compenso medio nell’Europa a 13 è molto inferiore a quello previsto dal decreto Mibact per l’Italia. Sugli smartphone la media europea si attesta attorno ai 2,85 euro per i dispositivi da 16 Gb e 3,29 euro per quelli da 32 Gb; sui tablet la media è invece di 1,57 euro per gli apparecchi da 16 Gb e 1,79 per quelli da 32 Gb. Meno della metà dell’equo compenso previsto dal Ministro Franceschini.

I numeri assumono rilevanza maggiore se si guarda alle mutate abitudini di consumo e all’evoluzione delle tecnologie. Una delle questioni principali è infatti quella relativa alla frequenza del ricorso a copia privata da parte dei consumatori. Una indagine commissionata dall’ex Ministro Bray ha infatti svelato che il fenomeno della copia privata in Italia è quasi azzerato: il 70% del campione intervistato sceglie infatti la fruizione in streaming dei contenuti, e solo il 13,5% degli intervistati ricorre in modo sistematico alla copia privata .

Dati confermati anche in ambito europeo: uno studio della Commissione informa che il 70% dei cittadini europei guarda film in streaming, utilizzando tablet e smartphone, mentre un rapporto annuale della Fimi (Federazione Internazionale dell’Industria musicale) afferma che il 51% dei ricavi mondiali vengono dallo streaming.

“Siamo indignati da questo provvedimento, e avevamo protestato già dopo il decreto Bondi del 2009, in cui sostanzialmente ci si adeguava con otto anni di ritardo a una direttiva europea sul diritto d’autore, aggiungendo solo dei commi ad una legge del 1941”, rincara la dose Cesare Avenia. “A inizio 2013 avevamo stimato un abbassamento ulteriore dei prezzi (dei dispositivi, ndr) di circa il 30%, che favoriva ovviamente i consumatori. Con il decreto il Mibact annulla questo valore e minaccia una filiera già in difficoltà. Noi abbiamo comunque un ricorso pendente al Consiglio di Stato in cui mettiamo in luce l’assurdità del provvedimento”, conclude. Consiglio di Stato che in Francia, questa mattina, ha reputato per la sesta volta consecutiva illegittima la disciplina in materia di equo compenso per copia privata.

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