I consumatori scendono in campo contro l’equo compenso e chiedono a Massimo Bray di non recepirla. In vista della decisione del ministro della Cultura, che nelle prossime settimane dirà se la tassa su tablet e smartphone, sarà aumentata o meno con l’aggiornamento del cosiddetto decreto Bondi del 2009, Adoc e Adinconsum affilano le rami, ricordando che si tratta di una tassa ingiusta che non farà altro che comprimere i consumi e bloccare i processi di innovazione del Paese.
A essere colpiti dall’equo saranno smartphone, tablet, computer fissi e mobili, ma anche chiavette Usb, hard-disk esterni, Tv con funzione di registratore e decoder. In pratica tutti i dispositivi elettronici che funzionano da archivi digitali. Secondo l’aumento al vaglio del Mibac, si andrebbe da 5,20 euro per i nuovi smartphone e tablet che acquisteremo in futuro, fino a toccare 40 euro per i decoder con memoria interna da 400 GB. Dunque una cifra che peserà maggiormente sui dispositivi low cost.
L’Adoc si dice ”assolutamente” contraria all’imposta sui dispositivi con memoria digitale, il cui importo potrebbe essere aumentato addirittura ”fino al 500%, dai 5 euro per gli smartphone ai 40 euro per i decoder”. ”Ci saranno prodotti, come le chiavette usb, che avranno un costo reale inferiore al costo delle tasse applicatevi – sottolinea presidente Adoc Lamberto Santini – La tassa penalizza soprattutto i prodotti più a basso costo, e quindi più accessibili, a discapito dei consumatori, in particolare la fascia di popolazione under 25” dato che ”su questi si scaricheranno i maggiori costi sostenuti da produttori e commercianti che, a loro volta, subiranno un danno notevole dal calo delle vendite”.
“La fantasia delle lobby non conosce limiti e la tassazione sugli smartphone, tablet, decoder e quant’altro ne è una riprova – dichiara Pietro Giordano, presidente nazionale Adiconsum – Si tratta infatti di una tassa iniqua, di un balzello da Medioevo che aggrava ancora di più il già pesante carico fiscale delle famiglie italiane.
“La logica iniqua è sempre quella di fare una legge uguale per diseguali – prosegue Giordano – Il balzello sui cellulari/tablet taglia orizzontalmente chiunque, anche quei consumatori, e non sono pochi, che non “scaricano” dalla rete né musica né film, destinandolo alla Siae che dovrebbe tutelare il diritto d’autore in maniera trasparente e che invece preferisce norme da ragionieri che incidono orizzontalmente su tutte le tasche degli italiani. Paradossalmentechi si comporta correttamente e scarica musica a pagamento o chi usa una memoria esterna al proprio pc per lavorare, si ritroverebbe a pagare ciò che non pagano i pirati della rete, penalizzato ulteriormente da questo balzello iniquo oltreché inutile, o meglio utile solo alla Siae. Se è questo il modo di tutelare la proprietà intellettuale il Medioevo è ormai alle porte”.
Stando alle stime di Confindustria Digitale l’aumento porterebbe nelle casse della Siae circa 200 milioni di euro (175 i milioni stimati dalla Società degli editori), rispetto ai 72 milioni del 2012. E se lo scorso anno il gettito da copia privata ha rappresentato il 13% del totale dell’incasso della Siae, con l’aumento attualmente proposto ne rappresenterebbe quasi il 30%, ovvero la metà della sola raccolta dei diritti musicali e 9 volte la raccolta delle opere cinematografiche, sottolinea Confindustria digitale.
Lo scorso 16 gennaio Massimo Bray ha avviato una sorta di consultazione con le associazioni di categoria interessate ad inviare al Mibac le osservazioni sull’aumento dell’equo compenso. La decisione di Bray, che terrà conto dei rilievi, sarà resa nota nei prossimo giorni.