PUNTO DI VISTA

Equo compenso, Scorza: “Il rapporto Bray sbugiarda la Siae”

Secondo lo studio commissionato dall’ex ministro ai Beni Culturali l’abitudine a creare copie private di musica e film regolarmente acquistati è “poco diffusa” in Italia. L’avvocato esperto di diritto di Internet spiega perché non serve aumentare le tariffe

Pubblicato il 23 Apr 2014

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L’abitudine di creare copie private di musica e film regolarmente acquistati è “poco diffusa” in Italia e remota – per non dire inesistente – è la tendenza a crearle utilizzando smartphone e tablet.

Sono queste le conclusioni cui si perviene nella ricerca di mercato commissionata dall’ex Ministro dei beni e delle attività culturali Massimo Bray, ora pubblicata dall’attuale Ministro Dario Franceschini.

Conclusioni che smentiscono clamorosamente quanto sin qui sostenuto dalla Siae e dall’industria musicale e cinematografica che, da mesi, continuano a ripetere che sarebbe indispensabile aumentare le tariffe dell’equo compenso da copia privata per tener conto della crescente abitudine dei consumatori ad utilizzare smartphone e tablet per l’esecuzione, appunto, di copie private.

Ma non basta perché nelle stesse ore in cui il Ministro Franceschini pubblicava la ricerca di mercato commissionata dal suo predecessore, l’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale diffondeva un proprio report, pieno zeppo di numeri e cifre – peraltro forniti direttamente dalla Siae e dalle sue cugine europee – che, egualmente, sconfessano tesi e dati sin qui diffusi dalla nostra Società italiana autori ed editori.

E’ abissale la distanza tra quanto raccontato dalla Siae al Ministero dei beni e delle attività culturali ed all’opinione pubblica e la verità che emerge dal report.

Mentre, infatti, il Maestro Gino Paoli, Presidente della Società italiana autori ed editori ha dato fiato alle sue vigorose corde vocali, sostenendo che sarebbe necessario adeguare le tariffe italiane alla media europea sensibilmente più alta, lo studio rivela che, nel 2012, in nessun Paese europeo – eccezion fatta per la sola Francia – sono stati raccolti tanti soldi a titolo di equo compenso da copia privata quanti ne sono stati raccolti in Italia e che le tariffe italiane vigenti sono sensibilmente più alte della media europea eccezion fatta solo per quelle relative a smartphone e tablet.

A questo punto la palla passa al Ministro dei beni e delle attività culturali che, probabilmente, dovrebbe accogliere la richiesta, formulatagli, proprio oggi, da Marco Pierano, Responsabile delle relazioni istituzionali di Altroconsumo, di ridurre le tariffe dell’equo compenso da copia privata in conformità a quanto emerge dalla ricerca di mercato commissionata dallo stesso Ministero.

Quel che è certo è che i numeri e le cifre che emergono dalla ricerca di mercato e dallo Studio dell’organizzazione mondiale della proprietà intellettuale impongono di respingere integralmente le richieste della SIAE – oltre duecento milioni di euro all’anno e oltre cinque euro su ogni smartphone e tablet venduto in Italia – e di varare un Decreto che tenga conto del fatto che, ad oggi, in Italia le tariffe sono più alte che nel resto d’Europa e che i consumatori italiani non usano smartphone e tablet per fare copie private.

Il fatto di agire nel “nome della cultura” non permette ad un Ministro, nello scrivere un Decreto, di tradire i principi di ragionevolezza, legalità ed equità cui deve sempre e comunque ispirarsi l’azione di governo della cosa pubblica.

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