Nessun rischio di rendita di posizione della Siae con l’aumento dell’equo compenso perché “il compenso è integralmente destinato agli autori e agli editori”. La Siae risponde a Cristiano Radaelli presidente Anitec, che ieri aveva puntato il dito contro gli aumenti e chiamato in causa – appunto – la stessa Società italiana autori editori.
“Le dichiarazioni rilasciate – sottolinea una nota inviata dalla Siae al Corriere delle Comunicazioni – sono evidente frutto di impreparazione e non consapevolezza della materia”.
“Il compenso di copia privata non è di pertinenza della Siae che su di esso non applica neppure provvigioni. Il citato compenso, invece, è integralmente destinato agli autori ed editori del settore audiovisivo – si spiega – Dunque, non esiste alcun rischio di “rendita di posizione” di Siae (espressione volutamente odiosa e volutamente utilizzata per creare ingiustificato disvalore)”. Anche in termini di conoscenza dell’ordinamento giuridico e della pura matematica, per la Siae le dichiarazioni di Radaelli evidenziano “limiti gravi che fanno dubitare del ruolo stesso affidatogli quale presidente dell’Anitec”.
“La ripartizione degli incassi di copia privata, invero, è espressamente disciplinata dalla legge sul diritto d’autore – ricorda la nota – Agli autori ed editori Siae è destinato, per legge appunto, il 40% del complessivo valore della copia privata. Il resto è destinato alle associazioni rappresentative dei produttori di opere audiovisive (circa il 36%) ed agli interpreti esecutori (circa 24%)”.
Dunque, laddove pure si verificasse la previsione avanzata – raddoppio del volume della copia privata – l’incasso per gli autori ed editori Siae (40% dell’incasso di copia privata da sommare agli incassi derivanti dalle riproduzioni di opere protette) “non supererebbe il 9% degli incassi complessivi: non certo il 28%”, puntualizza la Siae.
“Probabilmente, il dott. Radaelli ha ritenuto di svolgere il proprio intervento senza riflettere, senza avere effettivamente letto il bilancio della Siae (pubblicato sul sito della Siae stessa e quindi perfettamente conoscibile), e soprattutto confondendo dati e previsioni normative: con un risultato ridicolmente fuorviato e fuorviante – continua – Anche il riferimento ai “consumatori” è documentalmente smentito dai dati relativi all’andamento del mercato nazionale ed internazionale, pubblicati da tutti gli organismi di ricerca più accreditati e comunque facilmente reperibili”.
In Italia, la copia privata ha un valore sino a 40 volte più basso rispetto a Paesi comparabili, mentre il costo degli apparati sui quali la copia privata stessa si applica è notevolmente superiore. E ciò, secondo la Siae, perché “l’industria Ict non ha mai ritenuto utile difendere realmente i consumatori, ma ha sempre preferito lasciare che ad una domanda elevata rispondesse la pura logica della massimizzazione del profitto di pochi (l’Italia è il terzo Paese al mondo per penetrazione di telefoni mobili e smartphone”. Inoltre, mentre in tutto il mondo il volume di fatturato dei produttori di smartphone e tablet è cresciuto del 900% tra il 2008 e il 2012, in Italia i consumatori non hanno visto “alcuna riduzione del costo degli smartphone, invece costantemente mantenuti tra i più elevati”.
“Ed allora, la prima regola che dovrebbe essere rispettata tra partner (è il rispetto reciproco e il confronto continuo sulla base della verità dei fatti. Regola palesemente incognita al dott. Radaelli – avverte la nota – Forse, al dott. Radaelli – sempre ragionando di chi egli si senta partner – è solo scappato di aggiungere “culturale” dopo il termine industria”.
Siae, invece, ritiene che tutti i lavoratori del settore culturale siano e debbano essere effettivamente partner dell’Ict: “Ma è troppo spesso Confindustria Digitale – della quale il dott. Radaelli è parte, in una delle ennesime articolazioni nella quale essa si mostra – che dimostra di volerli tenere volontariamente distanti, trasferendo su di essi inefficienze non loro e per di più disprezzandone il ruolo e le legittime prospettive”.
Ieri Radaelli aveva rilevato come “gli aumenti richiesti da Siae comporterebbero un gettito pari a oltre il doppio dell’attuale e sarebbero incongruenti con l’effettivo utilizzo dei prodotti musicali sui dispositivi tecnologici. In sostanza, il valore del compenso per copia privata proposto da Siae in questi giorni rappresenterebbe il 28% degli introiti della Siae stessa e costituirebbe quindi una vera rendita di posizione, perdendo così il significato di residualità assegnato all’equo compenso”.