IL LISTINO SIAE

Equo compenso: telefonini, tablet e tv più cari di 5 euro

Come anticipato dal Corriere delle Comunicazioni i rialzi più cospicui sono previsti per smartphone e tavolette. Nel computo inserite anche le smart tv. Con l’adeguamento stimati incassi per circa 128 milioni

Pubblicato il 10 Apr 2014

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La tegola sugli smartphone potrebbe costare fino a 5 euro a telefono. Lo ribadisce oggi il Sole 24 Ore. La proposta Siae, che dovrebbe essere il fulcro del decreto al vaglio del Mibact che adegua le tariffe del 2009, prevede – come anticipato dal Corriere delle Comunicazioni – i seguenti aumenti dei compensi per copia privata che attualmente sono internalizzati nell’industria: smartphone da 0,9 a 5,2 euro; tablet da 1,9 a 5,2 euro; Smart tv (nuovo inserimento) a 5 euro: computer con masterizzatore da 2,4 a 6 euro; computer senza masterizzatore da 1,9 a 6 euro; memorie trasferibili da 0,5 a 0,9 per Gigabyte; Hd-Dvd da 0,25 per Gigabyte alla soppressione; Dvd da 0,41 a 0,21 euro per Gigabyte; Blu Ray da 0,41 a 0,20 per 25 gigabyte. La Siae sostiene che l’equo compenso per copia privata in Italia è più basso rispetto agli altri Paesi europei.

Cifre che secondo i calcoli avrebbero garantito circa 128 milioni di aggravio del prelievo (attualmente il gettito per copia privata è di circa 72 milioni di euro). Confindustria digitale proponeva, invece, la sospensione per un massimo di 12 mesi del procedimento di revisione del decreto Bondi del 2009, l’attivazione di un tavolo tecnico e il riesame della materia.

Il ministro Dario Franceschini ha assicurato che l’equo compenso verrà aggiornato come previsto dalla legge. “Faremo un tavolo con tutte le parti interessate – ha annunciato – e poi prenderò una decisione. Probabilmente mi prenderò fischi da tutti, perché così accade quando si devono fare mediazioni di questo genere, ma io ho un obbligo di legge, cioè rivedere quelle tabelle che sono del 2009 e che dovevano essere aggiornate nel 2012”.

“Dobbiamo fare il decreto ministeriale per l’equo compenso – ha aggiunto – che va a incidere su una serie di supporti tecnologici che ormai non interessano più nessuno. Va a insistere su smartphone, tablet e computer. Sapete che i punti di vista sono molto lontani tra Confindustria digitale, la Siae e i consumatori. Io ho fatto diversi incontri, l’ultimo questa mattina”.

Franceschini ha poi sottolineato: “Dobbiamo mettercelo tutti in testa, perché in Italia questa consapevolezza non c’è: il diritto d’autore è quello che consente la libertà all’ artista, quello che gli garantisce il suo spazio di creatività. Il diritto d’ autore è stato uno dei temi centrali dell’ incontro della scorsa settimana dei ministri della Cultura dell’ Ue ed è in cima all’ agenda europea, perché tutte le nuove tecnologie comportano questioni attinenti il diritto d’ autore”, ha concluso.

Sul listino Siae si sta consumando uno scontro al calor bianco. Secondo Altroconsumo “chi acquista musica e film legalmente da piattaforme online, paga già i diritti d’autore per poterne fruire e fare copie su un certo numero di supporti sulla base di una licenza”, dice l’associazione. Secondo Altroconsumo appare ingiusto che il cittadino debba pagare una tassa anche sui nuovi supporti digitali, trovandosi così un doppio balzello: a fronte dei 500 illustri autori e artisti noi abbiamo raccolto oltre 14 mila firme di persone ‘comuni’ che hanno supportato la nostra petizione”.

E anche per l’industria produttrice di device la tassa non ha ragione di essere. “Un aumento del compenso attuale per copia privata andrebbe a penalizzare gli investimenti delle famiglie nelle nuove tecnologie – spiega Cristiano Radaelli, presidente di Anitec – L’Ict è partner naturale dell’industria culturale tanto che se pensiamo al solo settore musicale, il mercato della musica in streaming continua a crescere a un ritmo molto sostenuto e l’Italia è il terzo mercato d’Europa stando al Digital Music Report 2014 di IFPI, l’associazione internazionale dell’industria fonografica”.

A sostenere l’adeguamento c’è invece la Fimi. Secondo il presidente Enzo Mazza “per l’industria musicale lo strumento del compenso sui supporti e device per le riproduzioni a scopo personale è ancora valido anche nell’ecosistema digitale”.

Mazza ricorda che in nessun Paese dove é presente un compenso, anche elevato, per smartphone e tablet, si é rilevato un rallentamento delle vendite di questi device, “anzi, essi continuano a crescere senza sosta, segno che l’impatto di un compenso di pochi euro é insignificante sulle dinamiche commerciali, mentre é molto più rilevante il mancato incasso da parte di autori, editori, artisti e produttori discografici, a causa dell’incremento di riproduzioni legali ad uso privato di contenuti musicali”.

Per il numero uno della Fimi, dunque, “l’offerta di musica su decine di piattaforme e modelli di business diversificati non può essere portata come esempio per limitare l’esercizio del diritto alla copia privata e al conseguente compenso”.

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