TRADE WAR

Escalation Usa-Cina, Pechino risponde al ban di Trump: 2,25 miliardi sui chip

Il governo asiatico punta a quintuplicare la produzione dell’impianto Smic di Shangai per arginare gli effetti delle nuove restrizioni imposte dalla Casa Bianca: le aziende americane che vendono tecnologia ai cinesi dovranno dotarsi di una licenza

Pubblicato il 18 Mag 2020

usa-cina

Contromossa cinese dopo l’ulteriore giro di vite imposto da Trump nella War Trade Usa-Cina. I fondi d’investimento controllati dallo Stato cinese hanno iniettato 2,25 miliardi di dollari in uno stabilimento cinese che produce processori per sostenere la produzione di chip avanzati.

Si tratta dello stabilimento della Semiconductor Manufacturing International, che in conseguenza ha dichiarato un aumento di capitale sociale da 3,5 a 6,5 miliardi di dollari. Lo riferisce Bloomberg, secondo cui l’obiettivo della Cina è quintuplicare la produzione dell’impianto in modo da far fronte alle nuove restrizioni imposte dagli Stati Uniti per colpire Huawei.

Il nuovo annuncio di Trump

Il nuovo investimento arriva all’indomani della decisione del dipartimento del Commercio americano – annuncia venerdì scorso – di imporre la richiesta di una licenza alle aziende internazionali che vendono a Huawei prodotti realizzati con software, componenti o macchinari statunitensi. Lo scopo è rendere difficile l’approvvigionamento di chip necessario alla società cinese. Tra le aziende interessate dalla nuova restrizione Usa c’è il colosso taiwanese dei chip Tsmc. Secondo quanto riferisce stamani il quotidiano asiatico Nikkei citando una fonte anonima, Tsmc avrebbe smesso di accettare ordinativi da Huawei dopo l’annuncio delle nuove regole Usa. Regole che comunque non avrebbero impatto sui chip già ordinati dall’azienda cinese.

Huawei “si oppone categoricamente alle modifiche” apportate dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti, con motivazioni sulla sicurezza nazionale, contro l’export di componenti hi-tech americani che si “rivolge in modo specifico” contro il gruppo cinese. La mossa, si legge in una nota dell’azienda, “è stata arbitraria e perniciosa e minaccia di colpire l’intero settore nel mondo: questa nuova regola avrà un impatto sull’espansione, la manutenzione e le operazioni di rete per centinaia di miliardi di dollari che abbiamo implementato in oltre 170 Paesi”.

Il governo Usa ha inserito Huawei nella sua ‘lista nera’ del commercio il 16 maggio 2019 “senza giustificazione”, ma la società è riuscita ad adempiere gli “obblighi contrattuali con clienti e fornitori”, fa sapere ancora l’azienda. Tuttavia, Washington “ha deciso di procedere e di ignorare completamente le preoccupazioni di molte società e associazioni di settore”. La mossa avrà “un impatto sui servizi di tlc per i più di 3 miliardi di persone che usano prodotti e servizi Huawei nel mondo. Per attaccare un’azienda leader di un altro Paese, il governo Usa ha intenzionalmente voltato le spalle agli interessi dei clienti e dei consumatori di Huawei”.

Gli Usa, continua la nota, “stanno sfruttando i propri punti di forza tecnologici per schiacciare le società al di fuori dei propri confini, il che servirà solo a minare la fiducia che le società internazionali ripongono nella tecnologia e nella supply chain statunitensi e, in definitiva, danneggerà gli interessi degli Stati Uniti”. Huawei “sta effettuando un esame approfondito di questa nuova regola. Ci aspettiamo che la nostra attività sia inevitabilmente influenzata”, con “la speranza di ridurre al minimo l’impatto di questa regola discriminatoria”.

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