Tre giorni tra le secolari mura della Città del Vaticano, tra riti millenari e opere d’arte che hanno illuminato lo spirito di centinaia di milioni di fedeli. Con l’obiettivo di scoprire una nuova via per il digitale: l’etica dell’intelligenza artificiale. Se la macchina “pensa”, quali valori insegnarle? La tre giorni del Vaticano è stata pensata e gestita da manager di società Facebook, Mozilla e Western Digital, ma anche studiosi cattolici, regolatori di mercato e funzionari di banche di investimento.
«L’industria della tecnologia – ha detto Mitchell Baker, chairwoman di Mozilla – si è permessa di pensare che qualunque prodotto avesse costruito fosse per il bene comune. Questa perlomeno è stata l’idea condivisa più o meno da tutti nella Silicon Valley per un po’. L’idea era che la libertà o l’espressione umana sono state sviluppate grazie alla tecnologia e che questa proveniente dalla Silicon Valley, e che quindi la tecnologia è indiscutibilmente buona».
I tre giorni di incontri a porte chiuse si tengono dietro una cortina di problemi crescenti: spionaggio digitale, odio online, cattivo uso dei dati personali, e segnali che il settore non riesca più a rispondere ai problemi del momento. Dopo una sessione introduttiva di presentazione, a cui hanno partecipato alcuni giornalisti, le porte del Vaticano si sono chiuse, con la dimostrazione che il Vaticano è più che aggiornato sull’evoluzione del rapporto tra tecnologia e società, e l’influenza che questo punto di incontro avrà sul futuro a prescindere dalla religione delle persone coinvolte.
Secondo quanto hanno dichiarato alcuni portavoce della Santa Sede il materiale che verrà prodotto dai tre giorni di incontri potrebbe costruire il materiale di base per una enciclica papale, o magari una lettera ai membri della Chiesa dedicati soprattutto al tema dell’intelligenza artificiale. Questo approccio non è nuovo: già nell’enciclica “Laudato Si” del 2015 sulla protezione dell’ambiente e sul riscaldamento globale il Papa aveva ascoltato una lunga serie di incontri con scienziati per modellare il suo pensiero.
Venerdì Papa Francesco incontrerà i partecipanti alla conferenza e li saluterà con un intervento.
«Molte persone – ha detto monsignor Paul Tighe, segretario del Pontificio Consiglio della Cultura – che lavorano nell’area dell’intelligenza artificiale sono determinate a svilupparlo eticamente. Vogliamo che diventi una “AI buona”».
Il discorso di Papa Francesco
“Un mondo migliore è possibile grazie al progresso tecnologico se questo è accompagnato da un’etica fondata su una visione del bene comune, un’etica di libertà, responsabilità e fraternità, capace di favorire il pieno sviluppo delle persone in relazione con gli altri e con il creato”. Con questa parole il Papa Francesco ha accolto i partecipanti al Seminario “Il bene comune nell’era digitale”, promosso in Vaticano dal Pontificio Consiglio della Cultura e dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Rivolgendosi alla platea di esperti in vari ambiti delle scienze applicate (tecnologia, economia, robotica, sociologia, comunicazione, cyber-sicurezza), e anche della filosofia, etica e teologia morale, il Pontefice ha definito “alquanto ambizioso” l’obiettivo del convegno: “raggiungere dei criteri e dei parametri etici di base, capaci di fornire orientamenti sulle riposte ai problemi etici sollevati dall’uso pervasivo delle tecnologie”.
Il tutto nel quadro indispensabile del bene comune. “Un buon esempio – ha affermato – potrebbe essere la robotica nel mondo del lavoro. Da una parte, essa potrà mettere fine ad alcuni lavori usuranti, pericolosi e ripetitivi – si pensi a quelli emersi agli inizi della rivoluzione industriale dell’Ottocento -, che causano spesso sofferenza, noia, abbruttimento”.
Dall’altra parte, però, “la robotica potrebbe diventare uno strumento meramente efficientistico: utilizzato solo per aumentare profitti e rendimenti priverebbe migliaia di persone del loro lavoro, mettendo a rischio la loro dignità”. Un altro esempio “sono i vantaggi e i rischi associati all’uso delle intelligenze artificiali nei dibattiti sulle grandi questioni sociali”.
Da una parte, ha osservato il Papa, “si potrà favorire un più grande accesso alle informazioni attendibili e quindi garantire l’affermarsi di analisi corrette; dall’altra, sarà possibile, come mai prima d’ora, fare circolare opinioni tendenziose e dati falsi, ‘avvelenare’ i dibattiti pubblici e, persino, manipolare le opinioni di milioni di persone, al punto di mettere in pericolo le stesse istituzioni che garantiscono la pacifica convivenza civile”.
Per questo, ha rilevato, “lo sviluppo tecnologico di cui siamo tutti testimoni richiede da noi che ci riappropriamo e che reinterpretiamo i termini etici che altri ci hanno trasmesso”. Secondo papa Francesco, “se i progressi tecnologici fossero causa di disuguaglianze sempre più marcate, non potremmo considerarli progressi veri e propri. Il cosiddetto progresso tecnologico dell’umanità, se diventasse un nemico del bene comune, condurrebbe a una infelice regressione a una forma di barbarie dettata dalla legge del più forte”. Ha quindi ringraziato i partecipanti “perché con i vostri lavori vi impegnate in uno sforzo di civiltà, che si misurerà anche sul traguardo di una diminuzione delle disuguaglianze economiche, educative, tecnologiche, sociali e culturali”.