Non c’è cancelleria europea che nelle ultime settimane non sia stata a più riprese avvicinata da Neelie Kroes o da uno dei suoi fidati emissari. Il commissario europeo per l’Agenda digitale e vice presidente della Commissione Ue, si è imbarcato in un serrato tour de force diplomatico per incassare dal Consiglio Ue in programma per il 24 e 25 ottobre un avallo il meno ambiguo possibile al suo arci-mediatizzato pacchetto sul mercato unico delle telecomunicazioni. Se l’impresa andrà a buon fine è però un altro paio di maniche.
L’assise autunnale dei capi di Stato comunitari sarà sì consacrata in larga parte ai temi della e-economy, di fianco a quelli dell’innovazione e dei servizi. Il primo punto all’ordine del giorno dovrebbe trattare proprio l’andamento dei lavori sull’agenda digitale nell’intento di fornire indicazioni sul completamento del mercato unico digitale entro il 2015. Ma – mettono in guardia diverse fonti diplomatiche – ciò non garantisce che le aspirazioni e gli sforzi distillati dalla Kroes nella messa a punto del regolamento “connected continent” saranno interamente ripagati. Quest’ultimo è solo il tassello di un più vasto mosaico d’iniziative sul digitale che verranno passate in rassegna dal vertice. E non è affatto scritto nelle stelle che gli sia riconosciuta la preminenza auspicata.
I governi europei appaiono anzi ansiosi di accelerare su ben altri dossier, sicuramente sapendoli più d’impatto sulle opinioni pubbliche nazionali. Il cancelliere tedesco Angela Merkel scalpita per mettere in cassaforte un’intesa dirimente sul regolamento “data protection”, da tempo impantanatosi al Parlamento europeo, per poterla poi esibire a mo’ di trofeo dinnanzi un elettorato non ancora riavutosi dallo shock per lo scandalo Prism. A dominare i lavori del prossimo Consiglio, stavolta dietro ferma insistenza della Francia, sarà ancor di più il nodo della tassazione delle web companies. Le prime trattative sono partite sotto banco lo scorso 24 settembre tra le pieghe di un mini-summit convocato dal vice-ministro all’economia digitale Fleur Pellerin con le controparti polacca, italiana, spagnola, britannica, tedesca, belga e ungherese.
In quell’occasione Parigi ha messo sul piatto l’istituzione di una “cornice fiscale comune” intesa a chiudere tutte quelle scorciatoie frequentate in particolare dai colossi della rete americani per dichiarare le proprie attività europee in Paesi membri dai regimi impositivi più indulgenti. La proposta francese, che dovrebbe essere vidimata all’unanimità dal vertice di Bruxelles, prevede nel concreto di affidare alla Commissione europea il compito di sondare un primo nucleo di misure da presentare agli stati membri entro la primavera del prossimo anno. Anch’esso sollecitato dalla Pellerin, l’altro grande cantiere che terrà banco il 24 e 25 ottobre prossimi concerne un impiego più “targettizzato” delle risorse comunitarie, fondi strutturali e programmi tematici inclusi, per dare nuova linfa al settore dell’Ict continentale. L’obiettivo nello specifico è di rispondere all’emergenza occupazionale attraverso il doppio volàno dello sviluppo dei servizi e dell’ammodernamento delle infrastrutture digitali.
Il commissario Kroes per sua parte dovrebbe illustrare ai capi di Stato una lista di proposte per favorire l’ecosistema delle start-up firmata da un gruppo di giovani imprenditori del digitale riuniti nel collettivo Startup Europe Leaders Club.
Al tavolo negoziale faranno anche capolino diverse proposte già entrate nella pipeline legislativa europea, o in procinto di entrarvi, come il regolamento “cost reduction” o ancora la riforma degli aiuti di Stato avviata dall’antitrust Ue Joacquin Almunia.
Tornando al pacchetto sul Mercato unico la ridda di reazioni contrastanti che si è guadagnato non appena è stato svelato dalla Commissione lo scorso 12 settembre rimanda come un gioco di specchi ad un’analoga cacofonia di opinioni tra gli Stati membri. La scala dei giudizi oscilla tra un cauto sostegno – è ad esempio il caso dell’Italia e della Polonia o della maggior parte dei paesi più piccoli – a posizioni gravate da sostanziali riserve. Due pesi massimi come Regno Unito e Francia hanno già messo le mani avanti. Il primo, stando ad un documento interno, oppone con fermezza l’ennesimo colpo di accetta alle tariffe di roaming contemplato dal pacchetto, e non vede di buon’occhio neppure le misure volte a rafforzare i poteri di coordinamento della Commissione in materia di spettro. La linea di Parigi è più oltranzista: di fontale contrarietà secondo molti.
Rumors non confermati raccontano che la Pellerin durante il citato vertice di fine settembre avrebbe addirittura esortato i colleghi europei ad affossare l’intera proposta. Se poi si tiene presente che l’inaggirabile Germania, pur coltivando sentimenti meno ostili, sarebbe pronta a calare il veto sulle disposizioni del piano che prevedono l’istituzione di un regime di licenze unico per gli operatori, lo scenario che si disegna attorno all’appuntamento del 24 e 25 non sembra poi così radioso per il commissario all’Agenda digitale.
Un via libera da parte dei governi dovrebbe materializzarsi solo a patto di svuotare il regolamento di alcune delle sue azioni faro. Ma è più probabile che per non fare torto a nessuno il Consiglio decida di prendere tempo: demandando a sedi future la discussione sui dettagli. Un’opzione però che potrebbe essere fatale al Pacchetto non fosse altro perché l’attuale legislatura europea è in dirittura d’arrivo, venendo a scadenza tra otto mesi circa. Insomma, non c’è più tempo. La Kroes, proprio per sventare questo pericolo, starebbe trattando con i governi una corsia preferenziale (una sorta di procedura veloce) per l’iter di discussione e approvazione del regolamento. A quanto pare invano. Troppe le divergenze. Diverse le priorità.