Riforma del copyright, aggiornamento del quadro regolamentare sulle Tlc, revisione della direttiva sui servizi audiovisivi. Questi i dossier legislativi più pesanti, a dirla tutta dei veri e propri macigni, che il timoniere della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha stabilito di confidare a Günther Oettinger. Tre fronti incandescenti su cui è pronta a scatenarsi una guerra totale tra lobbies. Senza contare la scontata melina di molti stati membri. Insomma: la missione si annuncia improba per l’ex ministro-presidente del Baden-Württemberg, già titolare del portafoglio all’energia nel precedente esecutivo europeo a guida Barroso.
Ma a ben vedere è proprio per questa ragione che Juncker, dietro imbeccata del suo luogotenente e potente capo di gabinetto Martin Selmayr, lo ha scelto per il dicastero europeo al digitale. Poco importa che Oettinger, per sua stessa ammissione, fosse praticamente a digiuno di affari digitali al momento d’insediarsi. Juncker, ragionano i retroscenisti di Bruxelles, ha voluto scommettere sull’istinto politico e i buoni uffici a Berlino del commissario tedesco nella consapevolezza che il supporto dell’onnipotente Germania potrebbe rivelarsi decisivo per portare a casa il corposo programma di riforme contenute nella Strategie Ue sul Mercato unico del Digitale.
D’altro canto, rilevano gli osservatori, questo non significa certo un assegno in bianco per Oettinger. Anzi. Il suo spazio di manovra appare in un certo senso limitato dalla peculiare struttura “a due livelli”, ovverossia gerarchica, del collegio Juncker. I dettagli delle proposte che è stato incaricato di redigere dovranno così essere prima concordati con il vice-presidente al Mercato Unico Digitale, Andrus Ansip, e successivamente vidimati dal commissario per la migliore regolazione, l’implacabile Frans Timmermans.
Il copyright rappresenterà il primo banco di prova. In ballo c’è la doppia sfida di armonizzare e svecchiare il frammentato paesaggio legislativo europeo, ostaggio di una direttiva obsoleta (datata 2001) che non ha impedito agli stati membri di continuare a regolamentare la materia in ordine sparso. Intense consultazioni sono in corso sin da dicembre, e la presentazione di una proposta legislativa, in un primo tempo annunciata per primavera, è stata ufficialmente calendarizzata per ottobre. Ma l’obiettivo dichiarato di spezzare le catene del famigerato principio di territorialità, che nei fatti alimenta l’esistenza di 28 sistemi legali di diritto d’autore, per spingere la fruizione transnazionale di contenuti online (di qui il leitmotiv così caro ad Ansip della guerra senza quartiere al geo-blocking) e liberare i player digitali dall’onere di dover negoziare licenze d’uso per ciascun paese membro, è tutt’altro che a portata di mano. Per farlo digerire alla lobby delle industrie creative e culturali, Oettinger ha promesso come contropartita un rafforzamento delle tutele per gli autori, così come il varo di misure di enforcement più incisive. Ciò che non sembra sufficiente a placarne le proteste.
Il paradosso è che da altri fronti si accusa il commissario tedesco di mostrarsi sin troppo compiacente nei confronti delle richieste dei titolari dei diritti d’autore. A riprova di quanto la materia del copyright sia intrinsecamente controversa. La più volte annunciata introduzione di una “Google tax” – balzello sulle piattaforme digitali che usano materiale coperto da copyright -, il varo di nuovi obblighi paneuropei per la rimozione dei contenuti illegali, o ancora l’armonizzazione delle regole in materia di copia privata sono solo alcune delle misure che il commissario potrebbe inserire nella proposta legislativa che verrà.
Non che le tlc non rappresentino un rebus altrettanto complicato. Del resto basta guardare all’infausta parabola del pacchetto “Connected Continent”, il cui testo originario è stato ridotto in coriandoli da Parlamento e Consiglio Ue lungo l’iter di approvazione, perdendo per strada tutte le misure più pregnanti salvo quelle sulla soppressione del roaming e la tutela della net neutrality. Il lavoro di Bruxelles sulla revisione del framework europeo in materia di Tlc è in ogni caso ad uno stadio ancora embrionale ed una vera e propria proposta non sarà messa in pista prima della metà del 2016.
Oettinger sin dai primi giorni del suo mandato ha tuttavia fatto sfoggio di una retorica pro-investimenti assai gradita agli operatori storici. “A coloro che investono in banda larga – ha scritto sul suo blog – occorre dare maggiore certezze in termini di ricavi e incentivi ad andare avanti”. In concreto, questo potrebbe significare un allentamento degli obblighi, ad esempio in materia di accesso, previsti dall’attuale legislazione: opzione che d’altro canto Oettinger ha apertamente citato mandando su tutte le furie gli operatori alternativi.
Anche tra gli Ott sale l’agitazione. Anche prescindendo dalla batteria di dichiarazioni bellicose esplose dal commissario contro Google e gli altri colossi del web Usa, è assodato che l’ambito di applicazione del quadro regolamentare sarà allargato anche alle aziende digitali che ormai concorrono con le telco su servizi voce e sms (Whatsapp, Skype, etc.). Senza considerare “l’indagine approfondita” sul ruolo delle piattaforme digitali che sarà avviata sempre sotto l’egida del commissario tedesco e dalla quale potrebbe scaturire quella stretta regolamentare per le web companies invocata nei mesi scorsi sia dal Parlamento europeo che dall’asse Parigi-Berlino.
Ancora: l’altro capitolo su cui Oettinger si appresta a lavorare è quello delle frequenze. “L’implementazione del 5G in Europa – ha rammentato di recente – non può avere successo senza un maggiore coordinamento nell’assegnazione dello spettro tra Stati membri”. Una iniziativa in questa direzione è già in programma, nonostante la diffidenza più meno velata dei governi nazionali.
Resta la revisione della direttiva sui servizi audiovisivi che dovrebbe essere presentata nel 2016 dopo che la Commissione avrà concluso un’approfondita ricognizione sui principali profili della normativa vigente. Altre iniziative già in programma sono la revisione della direttiva e-privacy, la presentazione di un’iniziativa sul cloud europeo, di una strategia globale sulle e-skills e di un piano sui Big Data.