CORTE DI GIUSTIZIA UE

Europa, Microsoft non la spunta: multa da 860 milioni

L’Alta Corte di Giustizia boccia il ricorso di Redmond per non aver permesso ai concorrenti di accedere alle informazioni relative all’interoperabilità delle proprie soluzioni. Ridotta l’ammenda precedentemente fissata dall’Antitrust a 899 milioni. Almunia: “La sentenza rivendica pienamente l’azione della Commissione”

Pubblicato il 27 Giu 2012

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Microsoft dovrà pagare un’ammenda di 860 milioni di euro per non aver permesso ai suoi concorrenti di avere accesso, a condizioni ragionevoli, alle informazioni relative all’interoperabilità necessaria e ai codici sorgente per realizzare prodotti compatibili con i software Microsoft. Lo ha stabilito oggi la Corte di Giustizia europea, confermando la decisione già adottata dalla Commissione Ue, bocciando il ricorso presentato dalla compagnia di Redmond. L’alto organo giudiziario ha tuttavia ridotto di 39 milioni di euro l’entità della mora inflitta inzialmente da Bruxelles.

Dopo che nel marzo del 2004 l’allora commissario Ue alla Concorrenza, Mario Monti, aveva imposto a Microsoft una multa da 497 milioni di euro per abuso di posizione dominante, l’Antitrust Ue, allora guidato da Neelie Kroes, aveva imposto al gruppo il 27 febbraio 2008 la penalità di mora per 899 milioni di euro poiché riteneva che i tassi di remunerazione proposti da Microsoft per permettere l’accesso alle informazioni relative all’interoperabilità non fossero “ragionevoli”.

“Accolgo con favore l’importante sentenza della Corte Ue sul caso Microsoft. La sentenza odierna rivendica pienamente l’azione della Commissione adottata per garantire il rispetto degli obblighi” dell’azienda Usa. Così il commissario europeo alla Concorrenza, Joaqin Almunia, ha commentato la multa di 860 milioni di euro inflitta dal tribunale di Lussemburgo alla compagnia di Redmond. “La sentenza – ha aggiunto Almunia – conferma che Microsoft non ha rispettato la decisione della Commissione e che la Commissione ha diritto di imporre una sanzione, anche se la Corte ha scelto di ridurre leggermente l’importo della penalita’ da 899 milioni di euro a 860 milioni di euro”.

L’iter e le motivazioni della sentenza

Dopo l’adozione della decisione del 2004 la Commissione e la Microsoft hanno avviato un dialogo destinato ad instaurare un meccanismo di divulgazione delle informazioni relative all’interoperabilità. Ritenendo che la Microsoft non avesse fornito una versione precisa e completa delle informazioni relative all’interoperabilità nel termine fissato dalla decisione del 2004 e che i tassi di remunerazione pretesi dalla Microsoft per fornire l’accesso a tali informazioni non fossero ragionevoli, la Commissione ha adottato varie decisione che imponevano penalità di mora a detta società.

Con una decisione in data 12 luglio 2006 la Commissione ha imposto una penalità di mora per un importo di 280,5 milioni di euro, considerando che la Microsoft non si fosse conformata alla decisione del 2004 per il periodo intercorrente tra il 16 dicembre 2005 e il 20 giugno 2006.

Con sentenza del 17 settembre 2007 il Tribunale ha confermato sostanzialmente la decisione del 2004. Nondimeno il Tribunale ha parzialmente annullato l’articolo della decisione riguardante il mandatario indipendente.

Con decisione del 27 febbraio 2008 è stata imposta alla Microsoft una nuova penalità di mora, per l’importo di 899 milioni di euro, per il periodo 21 giugno 2006-21 ottobre 2007, in quanto i tassi di remunerazione proposti dalla Microsoft per permettere l’accesso alle informazioni relative all’interoperabilità non erano ragionevoli. La Microsoft ha chiesto al Tribunale di annullare tale decisione o, in subordine, di annullare o ridurre l’importo della penalità di mora.

Nella sua sentenza in data odierna il Tribunale conferma sostanzialmente la decisione della Commissione e respinge tutti gli argomenti avanzati dalla Microsoft per ottenerne l’annullamento. Il Tribunale considera, anzitutto, che, tenuto conto dei criteri di valutazione elaborati dalla Microsoft e dalla Commissione, la Microsoft era in grado di determinare se fossero ragionevoli, ai sensi della decisione del 2004, i tassi di remunerazione da essa pretesi fino al 21 ottobre 2007 per consentire l’accesso alle informazioni relative all’interoperabilità.

In secondo luogo, il Tribunale considera che il criterio – preso in considerazione dalla Commissione nel valutare la ragionevolezza dei tassi di remunerazione richiesti dalla Microsoft – attinente al carattere innovativo delle tecnologie in questione sia idoneo a verificare se i predetti tassi rispecchino il valore intrinseco di una tecnologia piuttosto che il suo valore strategico, vale a dire il valore risultante dalla semplice possibilità di interoperare con i sistemi operativi della Microsoft.

In tale contesto, in terzo luogo, la Commissione è legittimata a valutare il carattere innovativo di dette tecnologie facendo riferimento ai suoi componenti, vale a dire la novità e l’attività inventiva, e la Microsoft peraltro non ha affermato che è impensabile valutare l’attività inventiva delle tecnologie di cui trattasi in un contesto diverso da quello del rilascio di un brevetto. Valutare, nell’ambito della presente causa, il carattere innovativo delle tecnologie che sono oggetto della decisione impugnata facendo riferimento alla novità e all’attività inventiva non ha l’effetto di annullare, in generale, il valore dei diritti di proprietà intellettuale, dei segreti commerciali e di altre informazioni confidenziali e neppure, a fortiori, di imporre tale carattere quale condizione affinché un prodotto, o un’informazione, possa essere coperto da siffatto diritto o possa costituire un segreto commerciale in generale. Siffatto approccio ha l’unico scopo di impedire che la Microsoft riceva una remunerazione che rispecchi il valore strategico delle informazioni relative all’interoperabilità, ciò che è vietato dalla decisione del 2004. Il Tribunale considera inoltre che la Microsoft non è riuscita a confutare la valutazione della Commissione, secondo la quale 166 delle 173 tecnologie rientranti nelle informazioni relative all’interoperabilità non erano innovative.

Ciononostante, il Tribunale considera necessario rivedere l’importo della penalità di mora per tener conto di una lettera della Commissione datata 1° giugno 2005. In tale lettera la Commissione accettava che la Microsoft potesse limitare la distribuzione dei prodotti sviluppati dai suoi concorrenti «open source» in base alle informazioni relative all’interoperabilità non coperte da brevetto e non innovative, sino alla data della pronuncia della sentenza del Tribunale nella causa T 201/04, ossia sino al 17 settembre 2007. In effetti, pur se la decisione impugnata era motivata dal carattere non ragionevole dei tassi di remunerazione proposti dalla Microsoft e non dal rifiuto di accordare l’accesso alle informazioni relative all’interoperabilità, il fatto che la Commissione abbia accettato, in considerazione della litispendenza, che la Microsoft attuasse, durante un certo periodo, una prassi che poteva comportare il mantenimento di una situazione che la decisione del 2004 aveva lo scopo di eliminare, potrebbe essere preso in considerazione nell’ambito della determinazione della gravità del comportamento sanzionato e, pertanto, nella fissazione dell’importo della penalità di mora.

In tale contesto, alla luce del contenuto del fascicolo, il Tribunale considera che la possibilità offerta nella lettera del 1° giugno 2005 abbia generato solo una parte marginale degli effetti prodotti dal comportamento sanzionato, cosicché l’importo della penalità di mora imposta alla Microsoft deve essere fissato a 860 milioni di euro.

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