IL REPORT

Evasione fiscale, grazie al digitale in Italia stanati più “furbetti”

È quanto emerge dalle rilevazioni della Cgia. La fatturazione elettronica e l’invio telematico dei corrispettivi fra le misure che hanno consentito il “ravvedimento” di numerosi cittadini. Riflettori sui colossi del web: la stragrande maggioranza delle imposte continua ad essere versata in paesi che applicano aliquote favorevoli

Pubblicato il 22 Mag 2023

Closeup on pile of euro banknotes. Free public domain CC0 image.

Nel 2022 il fisco italiano ha recuperato dalla lotta all’evasione oltre 20 miliardi di euro. Merito anche della digitalizzazione, con strumenti quali la fatturazione elettronica e l’invio telematico dei corrispettivi che hanno indotto una serie di contribuenti – tra cui gli evasori incalliti – a “ravvedersi”. È quanto si legge nell’ultimo report dell’Ufficio studi della Cgia sulla base di dati del Ministero dell’economia e delle finanze (Mef).

All’appello mancano ancora quasi 79 miliardi di euro di tasse ogni anno, un importo straordinariamente elevato, ma l’amministrazione finanziaria italiana sta migliorando la capacità di contrasto dell’infedeltà fiscale. Tra il 2015 e il 2020, infatti, l’evasione in Italia è scesa di 16,3 miliardi di euro. Il tax gap stimato dal Mef è sceso a 89,8 miliardi di euro, di cui 78,9 sono ascrivibili al mancato gettito tributario e gli altri 10,8 miliardi sono il “frutto” dell’evasione contributiva.

Poco “sensibili” all’obbligo di adempimento fiscale – sottolinea lo studio della Cgia – sono anche “quelle multinazionali e i giganti del web che, in Italia, realizzano profitti milionari”, ma versano la grande maggioranza delle imposte “nei paesi a elevata fiscalità di vantaggio”.

L’infedeltà fiscale delle big tech

Secondo la Cgia, l’Italia potrebbe, nel giro dei prossimi 4-5 anni, dimezzare l’evasione fiscale e allinearsi al dato medio europeo, ma occorre attuare una serie di misure, in cui la digitalizzazione delle procedure continuerà a svolgere un ruolo chiave. Bisognerà, per esempio, riuscire a incrociare in maniera più efficace le 161 banche dati fiscali che possiede la nostra amministrazione finanziaria.

Ancora, suggerisce la Cgia, il nostro paese dovrà contrastare con maggiore incisività l’economia sommersa e far pagare le tasse alle multinazionali del web e ai colossi dell’e-commerce attivi in Italia.

Serve, infine, “una seria riforma del fisco che tagli strutturalmente il peso del fisco su tutti i contribuenti”.

Il digitale per la semplificazione 

In attesa dell’approvazione dei decreti attuativi, per l’Ufficio studi della Cgia “una riforma fiscale importante che abbia l’ambizione di definirsi tale deve, innanzitutto, indicare preventivamente quanto costa e dove si recuperano le coperture, dopodiché ha il compito di conseguire, in tempi ragionevolmente brevi, almeno altri tre obbiettivi”: la riduzione del carico fiscale a famiglie e imprese; la semplificazione del rapporto tra il fisco e il contribuente; la riduzione dell’evasione e dell’elusione fiscale.

L’evasione da Nord a Sud

Nel 2020 il peso dell’economia non osservata sul valore aggiunto nazionale (Pil) era all’11,6%, pari a 174,6 miliardi di euro. Nelle varie aree del paese, il sommerso economico ha una diversa incidenza sulla ricchezza prodotta: del 9,2% a Nordovest, del 9,8% a Nordest, del 12% al Centro e addirittura del 16,8 % nel Mezzogiorno.

Specularmente, si è distribuito per ogni regione il mancato gettito tributario e contributivo che, invece, si aggira attorno ai 90 miliardi di euro. In altre parole è come se, a livello nazionale, a fronte di ogni 100 euro di gettito incassato ne venissero evasi 13,2. Nel Nordovest, l’Ufficio studi della Cgia ha stimato che l’ammontare totale del gettito evaso sia pari a 23,4 miliardi di euro; pertanto ogni 100 euro incassati in questa ripartizione geografica gli evasori se ne trattengono 10,3, nel Nordest 11,1 (17,6 miliardi di gettito eroso dagli evasori), al Centro 13,6 (19,8 miliardi di gettito perso) e nel Mezzogiorno 19 (29,1 miliardi di gettito perso).

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