Passati 10 anni dall’avvio dell’iniziativa Open Government voluta dal Presidente Obama, una analisi sulla produzione e l’utilizzo degli Open Data da parte delle amministrazioni pubbliche occidentali che hanno investito sulla liberazione delle informazioni, mostra che l’Italia è uno dei paesi più attivi a livello europeo per quanto concerne la maturità e la diffusione dei progetti Open Data, e che il nostro Paese primeggia in termini di capillarità e qualità dei dataset prodotti e liberati (fonte: EU Data Portal – Open Data Maturity in Europe – Report 2018).
Le stime sulle professionalità necessarie in Italia nell’ambito Data Science, si aggirano intorno ai 70 mila nuovi addetti all’anno per gli anni 2019 – 2021, mentre il sistema formativo ed accademico nazionale riesce a generare nuove risorse con una consistenza di qualche centinaio neolaureati all’anno (fonti: Idc, Osservatorio Politecnico di Milano). Si profila, quindi, la necessità di uno sforzo che veda amministrazioni, imprese, Università, informazione e società civile, collaborare verso un unico obiettivo, ambizioso e se vogliamo irripetibile. Conquistare una posizione di dominio nel mercato dei dati in Europa nel prossimo decennio.
Nonostante la lungimiranza ed il costante impegno degli stakeholder coinvolti nel processo di trasformazione digitale nazionale, che hanno coralmente contribuito nell’ultimo decennio a rendere estremamente fertile il panorama dal punto di vista dei fondamentali necessari a cogliere le opportunità offerte dal contesto tecnologico globale, il Paese si trova da un lato ad essere “trend setter” in Europa relativamente agli open data, mentre dall’altro continua a manifestare una endemica incapacità di “fare sistema” investendo in modo armonico e coordinato in tutti gli aspetti necessari ad una crescita reale che consolidi le posizioni conquistate e proietti nuovamente l’Italia verso posizioni di dominio (si, parliamo proprio di dominio, deve tornare possibile immaginarlo!) in mercati strategici per la crescita economica continentale nel prossimo decennio. In questo senso, l’introduzione di misure di assistenza sociale come il reddito universale (reddito di cittadinanza, reddito minimo universale, reddito di base incondizionato, ecc.), devono essere salutate con favore visti gli impatti diretti, oggettivi e certi che le stesse producono rispetto alla creazione di occupazione volatile, fittizia, che ha invece lo scopo di consentire la capitalizzazione a breve termine di un dividendo politico, troppo spesso decontestualizzato, disarmonico e geneticamente privo di visione.
È necessario invece, continuare a seminare il terreno culturale sul quale è germogliata finora la posizione italiana negli open data in Europa, attraverso la divulgazione di metodologie, tecniche, buone pratiche, progetti e tecnologie al fine di orientare, almeno in parte, l’interesse del comparto digitale sulle tematiche della Data Science, creando dei percorsi formativi, di certificazione ed inserendo tali tematiche nei bandi pubblici. Come dimostrato dagli studi di Enrico Moretti (The New Geography of Jobs) sull’impatto determinato dall’introduzione di tecnologie “disruptive”, così come dalla nascita di “innovation cluster” e “brain hub” da un punto di vista di incremento dell’occupazione locale, il fattore di moltiplicazione del numero di nuovi occupati in settori tradizionali, per ciascun nuovo occupato nei settori fortemente innovativi, è di 5 a 1. Per ogni nuovo occupato nei settori ad alta specializzazione tecnologica, il tessuto socioeconomico locale esistente reagisce positivamente producendo 5 nuovi occupati.
Expleo Italia, nata come Bit Media nel 1998, SQS fino al 2018 ed Expleo nel 2019, gruppo multinazionale con ricavi pari a 1.1 miliardi e 15.000 dipendenti nel mondo, in Italia è presente in due settori, la Pubblica Amministrazione ed il settore bancario, con 250 dipendenti e ricavi per 24 milioni.
Con un laboratorio condiviso tra Italia e Francia, Expleo dispone già di 40 specialisti in ambito Data Science pronti a lavorare sulla miniera degli open data e big data nazionali. Questo in aggiunta alle soluzioni già sviluppate per i settori aerospaziale ed automobilistico dove oltre 100 modelli permettono ad algoritmi di machine learning di predire manutenzioni straordinarie su aeromobili e su complete linee di processo industriale.
Il tempo a disposizione per acquisire la posizione di trend setter anche nel mercato Data Science è scarso. La strategia, nell’immediato, non può che passare attraverso la pubblicazione di nuovi bandi di gara pubblici che contengano richieste specifiche, ove utile, possibile e necessario, di professionalità e servizi legati al mondo data science. Questo appello consentirà a tutte le aziende operanti nel settore di creare network di imprese, università e centri di competenza, promuovendo lo sviluppo del settore nel suo complesso ed imprimendo una forte spinta alla crescita del numero di addetti, con lo scopo di conquistare risultati e posizioni di mercato ed acquisire attività da tutta Europa.
In ultimo, se è vero come è vero che i dati prodotti e consumati ogni istante da ciascun individuo sono miniere utili alla creazione di profili elettronici per vendere prodotti, generare nuovi interessi e condizionare la percezione del contesto, investire massicciamente nello sviluppo della “cultura del dato” ci permetterà in ultima analisi, di difendere gli individui fornendo loro strumenti di conoscenza evoluti e raffinati e proteggendo per questa via, la nostra società.