«È necessario rinforzare la comunicazione e fare capire esattamente cosa stiamo facendo, perché anche questa è nostra responsabilità». Parola di Giuseppe Sala, commissario unico per Expo 2015. La nota ha fatto seguito agli scandali che hanno investito Infrastrutture lombarde, il braccio operativo dell’organizzazione. Ma, oltre a essere anche una risposta alle perplessità che ha suscitato la prima campagna istituzionale targata Expo (on air dal 22 dicembre 2013), in cui si mostra un’Italia unita dalle tavole imbandite, è prima di ogni altra cosa il segnale che è cominciato il conto alla rovescia: manca un anno all’inizio della kermesse e serve più chiarezza sull’immagine della manifestazione. Sia agli occhi del Paese sia a quelli del mondo.
La sfida? Comunicare attraverso il web e i social network un evento che si è deciso di dedicare a un tema delicato, quello della nutrizione, riuscendo a declinarlo su piattaforme diverse, in alcuni casi estremamente diverse da quelle su cui gli utenti occidentali sono abituati a condividere e dialogare: in Cina Google si dice Baidu, Twitter è Sina Weibo e Facebook Renren.
Chi si aggiudicherà il budget da sei milioni di euro per la comunicazione dovrà prima di tutto capire qual è l’attuale “reputation” on e off line di Expo 2015, a partire dall’Italia. Le due principali analisi di web reputation disponibili risalgono al 2012 e sono a cura di Blogmeter e Reputation Manager. Già all’epoca si denotavano alcune discrepanze rispetto al significato della kermesse. Blogmeter riscontrava una scarsa percezione generale dell’evento da parte degli utenti, i quali lo consideravano in alcuni casi alla stregua di un “buco nero” che ai grandi investimenti non avrebbe fatto corrispondere un ritorno in termini di immagine, indotto e occupazione.
Ma secondo Reputation Manager solo il 30% delle conversazioni risultava davvero negativo. Quello della nutrizione era l’argomento più discusso, ma si trattava di contenuti istituzionali per quasi il 70% dei casi, e non di interventi personali, presenti invece con più forza emotiva su altri due temi: quello degli appalti (il più criticato), e la capacità dell’evento di creare sviluppo (visto più favorevolmente). “Pochi i commenti personali davvero interessanti sul leitmotiv dell’Expo 2015, l’alimentazione sostenibile”, sottolineava all’epoca Andrea Barchiesi, ad di Reputation Manager. “Dell’Expo si è sempre presentato soprattutto il packaging, meno il focus effettivo”, dice oggi l’analista al Corriere delle Comunicazioni. “Nelle ultime settimane le informazioni veicolate dalla stampa non sono state bilanciate da iniziative di comunicazione diretta”.
Che la percezione dell’evento non sia univoca lo conferma l’indagine Ipsos in collaborazione con GroupM di fine marzo: da una parte la ricerca (campione di mille italiani tra i 15 e i 65 anni e 200 aziende), mostra che molti cittadini pensano all’Expo come a un’opportunità per rilanciare non solo la città di Milano (33%) ma anche l’intero Paese (52%). Solo l’8% pensa che l’evento sarà un flop. Dall’altra, il 42% delle aziende non si azzarda a fare previsioni o ritiene che il successo non sarà quello previsto. Il 55% delle imprese pensa che la manifestazione funzionerà, ma solo il 9% immagina sia un volano per il proprio business. Ipsos ha annunciato che per il prossimo anno le rilevazioni saranno mensili, mentre in estate uscirà una nuova analisi reputazionale curata da Barchiesi che, promette, realizzerà anche un reportage durante l’evento sondando le discussioni online pure nei principali Paesi partecipanti.
Come fare perché i prossimi risultati siano più netti? “Bisogna scegliere valori più comuni e più semplici di quelli che interessano agli addetti ai lavori, e veicolarli sul Web”, dice il numero uno di Reputation manager. “Quali? L’Expo come orgoglio per il Paese, vetrina che rappresenti la voglia di rialzarsi, la reazione alla crisi attraverso le nostre eccellenze. L’agroalimentare è una di queste, ma se si collegano le immagini giuste dell’Italia sarà una grande chance di promozione anche nei confronti dei mercati internazionali”. All’estero secondo Barchiesi è necessario impostare un’azione massiva declinata sui Paesi più importanti, sfruttando motori di ricerca e community locali. “Ma soprattutto oltreconfine, più che essere usati per somministrare notizie, i social network dovranno traghettare l’utente verso nodi con la disponibilità di approfondimenti. Se grazie al Web riusciamo ad associare all’Expo luoghi, esperienze e icone l’evento seminerà il desiderio dell’Italia nel mondo”.