IL CASO

Expo 2015: l’area tecnologica? Una startup degna della Silicon Valley

La divisione hi-tech è una vera azienda nell’azienda per dimensioni e capitali

Pubblicato il 24 Apr 2015

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Non è sempre necessario andare in Silicon Valley per studiare come nascono e crescono startup tecnologiche che assumono dimensioni di grandi imprese in pochi anni e operano su mercati globali. Ne abbiamo una proprio sotto gli occhi, qui in Italia, talmente in vista in questi giorni da apparire invisibile. E’ la divisione tecnologica di Expo 2015 Spa, una vera azienda dentro l’azienda, per dimensione e capitali impegnati, che dal punto di vista dell’innovazione e dell’occupazione è senza dubbio la maggiore startup tecnologica italiana del momento.

In soli tre anni, senza contare il tempo perso nella prima fase di indecisione politica e organizzativa, è riuscita a mettere insieme un team specializzato di risorse IT e dare vita a un business che coinvolge le maggiori imprese italiane di settore. Divisa in due gruppi, l’area tecnologica di Expo 2015, segue da una parte la direzione di Guido Arnone, che presiede tutte le attività relative ai progetti digitali, sia in Rete sia presso il sito espositivo, e quella di Luigi Vassallo, responsabile dell’infrastruttura di rete, dello sviluppo degli applicativi a livello corporate e per la sicurezza informatica. Si tratta di due gruppi snelli e di piccole dimensioni (circa una quindicina di collaboratori ciascuna) che coordinano a livello apicale il lavoro di una piramide costituita da oltre 500 persone che operano presso i numerosi partner per lo sviluppo delle infrastrutture e delle tecnologie: big del settore, come Telecom Italia, Cisco Sytems, Accenture, Samsung e società specializzate, come Banzai, Fabbrica Digitale, Best Union e altre.

Sebbene con una forte iniezione di denaro pubblico, l’iniziativa ha tutte le connotazioni di una startup tecnologica: partenza da zero, tempi accelerati di produzione, forte capitalizzazione iniziale, produzione pensata su una scala di grandi dimensioni. Al di là della sperimentazione di nuove soluzioni d’innovazione (dalla navigazione della fiera in modalità virtuale ai totem interattivi, dai siti responsive alla prima app dedicata a un’esposizione universale), il caso di studio è interessante, per noi italiani, soprattutto sotto il profilo del lavoro professionale e delle competenze messe in campo. L’età media è intorno ai 35-40 anni e sono specialisti arrivati da tutti i settori. “Per questo lavoro ho lasciato un posto fisso in una banca”, racconta Luigi Moar, responsabile Web e Mobile di Expo 2015. “Pur essendo un lavoro a termine, è per tutti un’occasione unica di crescita professionale”. Forte motivazione legata ai temi della fiera e orientamento all’obiettivo sono le leve principali dei team Ict ai quali è stato chiesto, nel corso degli anni, di cambiare spesso, in corsa, anche attività e le responsabilità dirette. “Abbiamo tutti una forte specializzazione verticale, ma come in ogni progetto di startup la carta vincente è stata la capacità di spostarci in orizzontale in base alle necessità di crescita e sviluppo”. Flessibilità personale, capacità di sopportare lo stress, indipendenza dei team e gerarchie “morbide”: una ricetta usata in Expo come nei più tipici disruptive business tecnologici. “Negli ultimi tempi, due settimane di lavoro erano come due mesi in altre aziende: ci è stato richiesto uno sforzo fisico e mentale notevole”.

Anche per Marco Spasiano, Senior Project Manager Mobile, l’obiettivo primario dal punto di vista del lavoro, è la riuscita del progetto, non tanto e principalmente il proprio piano di carriera: “Sono stato selezionato per alcune mie competenze legate all’entertainment, poi ho dovuto occuparmi anche di altro, in particolare di applicazioni mobili. È un’esperienza bellissima, dura, ma positiva. Il posto fisso? In realtà sono concentrato sul presente, è una questione di responsabilità: vorrei, come molti qui, sfatare il mito che gli italiani non sanno far bene le cose nel mondo delle tecnologie digitali e nei grandi progetti”. La sensazione diffusa è che al primo maggio non tutto sarà perfettamente in ordine sul piano delle tecnologie, ma accelerando test e rilasci, ci sarà tempo nei primi mesi di Expo per il fine tuning finale e spazio per le operations.

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