Il valore dell’export italiano di beni di consumo attraverso canali digitali è aumentato nel 2019 del 15%, raggiungendo un giro d’affari da 11,8 miliardi di euro. Un’ottima performance, anche se l’incidenza sul totale delle esportazioni di prodotti di consumo è ancora limitata, pari a solo il 7%, e quella sull’export complessivo pari al 2,5%. Il Fashion, che copre il 66% delle esportazioni online e vale 7,8 miliardi di euro (il 14,5% dell’export totale di settore), si conferma il settore più importante, seguito dal Food, l’11% delle esportazioni digitali per un valore di 1,3 miliardi (il 3% dell’export del comparto), e dall’Arredamento, che incide per circa l’8% delle esportazioni eCommerce con valore di un miliardo di euro (il 10% dell’export complessivo di mobili). Chiudono, con quote limitate, i settori di elettronica, cosmetica, cartoleria, giochi e articoli sportivi. Le esportazioni digitali B2b crescono invece dell’1,5%, per valore di 134 miliardi di euro, pari al 28% dell’export complessivo. Sono questi i principali dati evidenziati dalla ricerca dell’Osservatorio Export Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, presentata questa mattina a Milano al convegno online “Export digitale: è tempo di innovare!”.
Nonostante l’export online sia in crescita da diversi anni, sottolinea l’indagine, questa modalità d’offerta interessa ancora una piccola parte delle imprese italiane: il 40% usa anche canali eCommerce per vendere all’estero, mentre oltre metà (51%) solo quelli tradizionali e il 9% non esporta affatto. Fra le imprese che impiegano canali digitali, più del 50% lo fa da meno di quattro anni e solo un quinto ha un’esperienza di almeno dieci anni. Il principale mercato per le esportazioni online italiane è l’Europa, che raccoglie circa metà delle vendite ed è prima area di sbocco per il 52% delle aziende, anche se il primo paese sono gli Stati Uniti, un quarto dell’export digitale, mentre i paesi emergenti e la Cina restano marginali.
La chiusura delle attività produttive e le misure di isolamento causate dell’emergenza Covid-19 hanno spinto molte aziende in queste settimane a concentrarsi sui canali digitali per sostenere il proprio business. La crisi sanitaria ha fatto emergere settori che normalmente non sono protagonisti nel mondo eCommerce, sia a livello di vendite nazionali che internazionali, come l’alimentare, il farmaceutico e il settore medico-sanitario. Alle aziende che operano in settori diversi da quelli considerati prioritari per l’emergenza, invece, sono state richieste trasformazioni significative, come la riconversione dei propri impianti per la produzione di materiale sanitario, l’investimento massiccio nei canali eCommerce e nella comunicazione attraverso social media e canali di marketing digitale. Si sono inoltre moltiplicate le iniziative di sistema a sostegno delle attività italiane all’estero, tra cui i piani di finanziamento proposti da Sace-Simest, ma anche progetti che fanno pienamente leva sul digitale. Tra questi troviamo ad esempio l’accordo tra l’internet company italiana Italiaonline e Alibaba.com, la piattaforma di riferimento per l’e-commerce B2B del Gruppo Alibaba, per favorire l’esportazione del Made in Italy delle Pmi del nostro Paese in modalità 100% digitale.
L’apertura di canali eCommerce non è l’unico modo in cui le imprese utilizzano le tecnologie digitali le esportazioni. Un’azienda su tre usa tecnologie come sensori IoT, stampanti 3D, realtà virtuale o aumentata, intelligenza artificiale e piattaforme collaborative nei prodotti o per migliorarne il processo di sviluppo, quasi nove su dieci investono in strumenti di marketing digitale – soprattutto email marketing e social media marketing – e sono diffusi software di analytics per supportare la logistica nella gestione delle scorte e degli ordini.
“Nel 2019 le vendite online hanno ripreso ad accelerare, ma il loro peso sulle esportazioni complessive è ancora ridotto e se si guarda al comportamento delle imprese emerge una vocazione ancora prevalentemente tradizionale del nostro export”, afferma Riccardo Mangiaracina, Direttore dell’Osservatorio Export Digitale. “In uno scenario internazionale altamente competitivo e con consumatori sempre più inclini all’uso delle tecnologie digitali l’adozione dell’eCommerce come canale di vendita all’estero può essere la mossa vincente per guadagnare produttività e competitività anche fuori dai confini nazionali e può giocare un ruolo importante nella ripresa del nostro export complessivo una volta che sarà terminata l’emergenza Covid-19. Ma è necessario aumentare gli investimenti in tecnologie digitali per migliorare i diversi processi aziendali e attrezzarsi per cogliere le opportunità ancora poco sfruttate offerte dai mercati emergenti”.
Cresce anche l’export digitale B2b
Secondo la ricerca, l’Export digitale B2b nel 2019 ha raggiunto un valore di 134 miliardi (+1,5% rispetto al 2018), pari al 28% delle esportazioni complessive. Il comparto più digitalizzato è l’Automotive, che copre il 22,5% delle vendite online B2b (il 73% del totale di settore), per un valore di 30 miliardi di euro, seguito da Tessile e abbigliamento con 20 miliardi (il 15% delle transazioni online B2b, il 38% dell’export di settore), e dalla Meccanica con poco più di 15 miliardi (l’11% delle vendite digitali B2b, il 18% delle esportazioni di settore). Più limitato il peso dei settori Largo consumo (8 miliardi, pari al 6% dell’export digitale B2b), Materiale elettrico (6 miliardi, 5%), Elettronica (4 miliardi, 3%), Farmaceutico (3,4 miliardi, 2,5%). Chiudono una molteplicità di settori (come le costruzioni e il chimico) che complessivamente generano 46 miliardi di vendite digitali e valgono il 35% delle esportazioni online B2b.
Le nuove tecnologie al servizio dell’internazionalizzazione
Le tecnologie digitali possono potenziare le esportazioni delle aziende in fase di vendita attraverso canali eCommerce ma anche migliorare lo sviluppo di nuovi prodotti, marketing e logistica distributiva. Da un sondaggio condotto dall’Osservatorio su 225 aziende grandi, medie e piccole dimensioni emerge come soltanto una su tre utilizzi tecnologie digitali legate ai nuovi prodotti realizzati o durante il processo di sviluppo. Fra queste, il 44% usa piattaforme collaborative per coinvolgere i clienti nella fase di realizzazione del prodotto e il 38% per coinvolgere i fornitori, mentre è più limitato l’uso dell’intelligenza artificiale. Le tecnologie di prodotto più diffuse sono la stampa 3D (23%) e i sensori IoT (13%), ma si stanno diffondendo anche realtà aumentata o virtuale, l’utilizzo di materiali avanzati, come tessuti antibatterici o materiali sostenibili. Le barriere principali all’adozione sono la mancanza di risorse economiche e di competenze e la scarsa consapevolezza in azienda dei benefici.
Il marketing digitale è l’ambito su cui si concentrano gli investimenti dell’88% delle aziende intervistate, con tre su quattro che puntano su email marketing e social media marketing. Meno diffusi social media advertising (47%), search advertising (46%) e email advertising (40%), ancora più limitato l’acquisto di spazi pubblicitari su piattaforme eCommerce (21%), su app e piattaforme mobile (11%) e il programmatic adversiting (14%). I principali benefici sono l’aumento delle visualizzazioni (94%) e l’aumento degli ordini (70%).
Le soluzioni di logistica smart più diffuse sono “software” per la gestione delle scorte e il processamento ordini basate su servizi di analytics e reporting (48% del campione) e le soluzioni per aumentare la visibilità lungo la filiera e la tracciabilità delle spedizioni (30%). Seguono hardware per il packaging innovativo (17%), gli strumenti di automazione dei magazzini (12%) o i wearable indossabili dagli operatori nelle fasi di prelievo, carico, scarico o ispezione della merce (8%). I vantaggi, secondo le imprese, sono una migliore visibilità e tracciabilità (81%) e l’aumento della sicurezza (68%), mentre sono più incerti gli effetti sull’incremento della produttività.