È ufficiale: la tanto attesa quotazione a Wall Street di Facebook ci sarà. Ieri a contrattazioni finite, il social network ha presentato alla Securities and Exchange Commission la richiesta per un’Ipo da 5 miliardi di dollari, una cifra indicativa (inferiore ai 10 miliardi di cui si parlava) che probabilmente cambierà e che potrebbe valutare la società tra i 75 e i 100 miliardi di dollari. L’obiettivo è quotarsi con il simbolo “fb” già maggio.
L’initial public offering (ipo) del sito di social network potrebbe essere la maggiore della storia fra le società web. La documentazione presentata alla Sec offre per la prima volta una fotografia dei conti di Facebook. Nel 2011 il sito di social network ha realizzato 3,71 miliardi di dollari di ricavi contro gli 1,97 miliardi di dollari dell’anno precedente. L’utile netto è ammontato a 668 milioni di dollari, il 79,5% in più rispetto al 2010.
Nella lettera ai potenziali azionisti, il co-fondatore e amministratore delegato di Facebook, Mark Zuckerberg afferma: ”Non produciamo servizi per fare soldi; facciamo soldi per realizzare servizi migliori. In questi tempi ritengo che sempre più persone vogliano usare i servizi di società che credono in qualcosa che va al di là del semplice massimizzare i profitti”.
Zuckerberg ha il 28,4% di Facebook e nel 2011 ha ricevuto un compenso complessivo di 1,5 milioni di dollari. L’ipo aumenterà il suo patrimonio personale: la quotazione potrebbe portargli nel portafoglio 28 milioni di dollari.
I dati mostrano anche che la crescita di Facebook è più lenta di quella delle altre società Internet che si sono quotate di recente. I ricavi di Groupon sono aumentati del 695% nei nove mesi che si sono chiusi a settembre 2011. Quelli di Zynga sono saliti del 106% nello stesso periodo. Ma al di là di una crescita lenta, Facebook – a differenza delle altre Web company che si sono quotate negli ultimi mesi – è più redditizia, soprattutto grazie ai giochi online che insieme alla pubblicità sono il motore dei ricavi: nel 2010 il fatturato da pubblicità rappresentavano il 95% dei ricavi totali di Facebook.
Nel 2011 la quota è scesa all’85%. Facebook conta su 845 milioni di utenti. A curare il collocamento di Facebook sarà Morgan Stanley, che ricoprirà il ruolo principale. A collaborare all’operazione saranno anche Barclays Capital, Goldman Sachs, Bank of America Merrill Lynch e JPMorgan.
Nel lungo Registration Statement depositato alla Sec ben 22 pagine sono dedicate a tutto ciò che potrebbe andare male nell’operazione di sbarco in Borsa. A cominciare dalla perdita di utenti. "Potremmo perdere utenti o non riuscire ad aumentarne il numero – si legge nel documento – Gli utenti potrebbero spostarsi su altri servizi, come Twitter o i siti di Google ". Inoltre Facebook teme i governi, che potrebbero censurare le sue pagine oppure limitare l’accesso; il social network porta ad esempio la Cina, Iran, Nord Corea e Siria. Altro punto dolente è la mancata protezione dei brevetti che potrebbe danneggiare il servizio. possa danneggiarlo.
Scorrendo l’elenco emerge il problema di un eventuale aumento degli accesi da telefonino “visto che nella versione mobile non mostriamo la pubblicità". Timori anche dalla perdita di buoni rapporti con Zynga. "Il 12% dei nostri ricavi deriva da questa partnership, se dovesse migrare verso altre piattaforme i nostri risultati finanziari ne risentirebbero". E poi c’è il terrore di tutti i programmatori: i bug, errori nel codice che potrebbero avere pesanti ripercussioni. "
La società affronta poi la questione delle privacy. "A causa di azioni esterne, errori di programmazione o problemi tecnici, potrebbero essere rivelate informazioni che gli utenti avevano definito private". L’ultimo punto riguarda la posizione di Mark Zuckerberg, fondatore, presidente e amministratore delegato della società. Un potere assoluto che potrebbe non essere nel miglior interesse degli azionisti: "Pur essendo un dirigente, Zuckerberg ha diritto a votare come proprietario di azioni nel proprio interesse, che non è detto sia coincidente con quello generale".