L'ISTRUTTORIA

Facebook, l’Antitrust italiano apre due fascicoli: si indaga sull’uso dei dati

Utenti non informati adeguatamente sul trattamento delle informazioni a fini commerciali. E sotto accusa finisce anche il meccanismo di preselezione creato ad hoc per indurre al consenso

Pubblicato il 06 Apr 2018

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Facebook non informerebbe adeguatamente e immediatamente l’utente, in fase di attivazione dell’account, sulla raccolta e utilizzo dei dati a fini commerciali. Non solo: il social network condizionerebbe i consumatori nella scelta del consenso attraverso un meccanismo di preselezione.

Queste le due “accuse” mosse a Facebook dall’Antitrust italiano che ha deciso di passare all’azione sull’onda dello scandalo Cambridge Analytica – in Italia coinvolti circa 215mila utenti – avviando un’istruttoria per presunte pratiche commerciali scorrette. Cinque gli articoli del Codice del Consumo che sarebbero stati violati – 20, 21, 22, 24 e 25 – e che hanno indotto l’Autorità ad aprire due diversi fascicoli concernenti rispettivamente: l’informativa fornita dal professionista in fase di registrazione alla piattaforma Facebook, con riferimento alle modalità di raccolta e utilizzo dei dati dei propri utenti a fini commerciali, incluse le informazioni generate dall’uso da parte dell’utente Facebook di app di società appartenenti al gruppo e dall’accesso a siti web/app di terzi; l’automatica attivazione della piattaforma di scambio dei propri dati da/a terzi operatori per tutte le volte che l’utente accederà o utilizzerà siti web e app di terzi, con validità autorizzativa generale senza alcun consenso da parte dell’utente, con sola facoltà di opt-out. In particolare, l’opzione a disposizione dell’utente di rinunciare o meno a tale modalità risulterebbe preimpostata, tramite spunta nell’apposita casella, sul consenso al trasferimento dei dati.

A maggio dello scorso era finito nel mirino Whatsapp, il servizio di messaggistica in capo a Facebook, oggetto di una sanzione di 50mila euro, lo scorso febbraio, per non aver dato esecuzione al provvedimento che ha accertato la vessatorietà di alcune clausole dei termini di utilizzo dell’applicazione WhatsApp Messenger.

In particolare, WhatsApp aveva omesso la pubblicazione del provvedimento dello scorso maggio sulla homepage del proprio sito e la notifica da inviare a tutti gli utenti Whatsapp italiani, contenente il link alla decisione Antitrust.

Le clausole “vessatorie” riguardano in particolare: la facoltà di modifiche unilaterali del contratto da parte della società, il diritto di recesso stabilito unicamente a vantaggio del professionista, le esclusioni e le limitazioni di responsabilità a suo favore, le interruzioni ingiustificate del servizio, la scelta del foro competente sulle controversie (ad oggi esclusivamente individuato presso tribunali americani).

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