IL CASO

Facebook, spunta un “bug” nei rapporti con la PA: par condicio a rischio?

Comuni, Regioni, agenzie con una pagina social: in base alle policy dell’azienda Usa il responsabile non è l’ente, ma il singolo dipendente che l’ha aperta. Con tutte le conseguenze, civili e penali, del caso. Emerge dall’analisi giuridica commissionata dal Corecom Emilia Romagna

Pubblicato il 19 Giu 2020

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Nuvole in vista sul rapporto fra Facebook e la Pubblica amministrazione. Comuni, Regioni, enti collegati in varia misura agli organi amministrativi pubblici, non possono essere titolari di una pagina sui social network di Mark Zuckerberg, Instagram compreso. La registrazione può essere effettuata soltanto da un singolo:  una persona fisica. Per esempio un dipendente. Con tutti gli effetti e i rischi del caso: in ballo una serie di criticità, dal rispetto della par condicio ai temi collegati all’eredità digitale.

Emerge dallo studio commissionato dal Corecom dell’Emilia Romagna sull’utilizzo e la gestione delle pagine istituzionali dei siti di social network delle Pubbliche amministrazioni ed i riflessi sulla tutela della par condicio. In oltre 60 pagine l’analisi, firmata da Stefano Zunarelli e Chiara Alvisi entrambi professori all’Università di Bologna, mette nel mirino le policy da sempre attuate dal social network dell’azienda guidata da Mark Zuckerberg che, a differenza di Twitter, non permette l’apertura di una pagina da parte di un ente giuridico: pubblico e privato.

Account basato sui dati personali

Sotto la lente in particolare le modalità di iscrizione che obbligano le persone giuridiche (sia pubbliche che private) che intendano essere presenti sulle piattaforme di comunicazione orizzontale ad avvalersi della registrazione al servizio di una persona fisica, che diventa dunque – si legge nel documento – “parte formale e sostanziale del contratto con il gestore della piattaforma per la fornitura del servizio di social networking”.

Infatti, a differenza di Twitter, le condizioni d’uso di Facebook e Instagram non contemplano la possibilità per le persone giuridiche di “iscriversi” ai predetti servizi di social networking, cioè non consentono alle persone giuridiche di diventare parti dei relativi contratti.

Una condizione che costringe le Pubbliche amministrazioni ad avvalersi dei contratti perfezionati dai propri dipendenti per poter accedere ai servizi di comunicazione digitale orizzontale erogati da Facebook e Instagram. E questo “rende critico, tra l’altro – si legge nel rapporto –  anche il profilo della eredità digitale dell’account social”.

I rischi per la par condicio

Lo studio inoltre punta a definire il perimetro di applicazione delle regole in materia di par condicio – che vincolano le amministrazioni pubbliche – anche con riferimento alla comunicazione veicolata attraverso gli account social.

Nello scenario descritto, si legge acora nel testo, “vanno individuati i criteri che consentono di imputare alla pubblica amministrazione – e di qualificare come pubblica – la comunicazione veicolata a nome della prima tramite gli account social registrati da singoli dipendenti che abbiano concluso a proprio nome il relativo contratto con il gestore della piattaforma”.

Da individuare altresì i criteri di imputazione della responsabilità civile, penale ed amministrativa eventualmente correlata all’uso dei social nel contesto descritto.

Il rifiuto di “contrattare dei gestori delle maggiori piattaforme di social network con le organizzazioni dotate di personalità giuridica costringe queste ultime – dice ancora lo studio – a ricorrere a complesse strategie contrattuali per poter accedere ai descritti servizi di comunicazione digitale orizzontale, che a loro volta generano complesse problematiche per quanto riguarda l’imputazione all’ente della comunicazione veicolata dagli account social registrati dal dipendente-persona fisica nonché per quanto riguarda l’imputazione delle eventuali responsabilità (civili, penali ed amministrative) originate dalla suddetta comunicazione”.

Nel caso di Facebook, il gestore consente “l’iscrizione” al relativo servizio di social networking esclusivamente attraverso la registrazione di un “profilo personale” e dunque accetta di concludere solo con le persone fisiche il contratto di fornitura del servizio di social network. Pur non essendo esplicitata, questa limitazione “si evince dalle concrete modalità di apertura dell’account previste da Facebook nelle sue condizioni d’uso, che integrano l’offerta contrattuale di Facebook”.

Il modulo di iscrizione a tal fine predisposto dal fornitore richiede, infatti, l’inserimento di dati personali che risultano riferibili e consentono di identificare (peraltro in modo non univoco) come

Quindi, secondo i due professori, l’unica possibilità per un ente pubblico di utilizzare Facebook per assolvere gli obblighi di comunicazione istituzionale richiesti dalla legge n. 150 del 2000, resta quella di incaricare la persona fisica titolare del profilo Facebook di aprire una “pagina istituzionale” intestata all’ente all’interno del suo account personale.

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