Sul posto di lavoro, un italiano su tre aggira le restrizioni d’accesso a social network, app di messaggistica e archiviazione sul cloud imposte dalla propria azienda. Questo quanto emerso dallo studio People-Inspired Security condotto tra il 27 maggio e il 9 giugno 2014 dalla società di ricerca indipendente OnePoll e commissionato da Samsung su 4.500 persone in 7 Paesi europei (Italia, Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Belgio e Olanda).
Nonostante in Europa l’accesso a Facebook sia limitato o addirittura vietato al 40% dei dipendenti, in Italia un terzo delle persone (32%) ignora la norma pur essendone a conoscenza. Un risultato in linea con quanto registrato in Germania (34%), Spagna (33%), Belgio e Olanda (31%), ma inferiore al dato britannico: gli inglesi sono i più propensi a utilizzare Facebook a dispetto della policy aziendale, con il 41% di loro che ammette di accedere al social network durante l’orario di lavoro. Il Paese più rispettoso delle norme aziendali relative all’uso di Internet è, invece, la Francia, dove solo un lavoratore su cinque (20%) dichiara di sfuggire ai divieti aziendali sull’accesso ai social.
Circa un terzo dei lavoratori italiani tende ad ignorare o ad aggirare le restrizioni utilizzando i propri dispositivi personali anche nel caso di applicazioni d’archiviazione sul cloud (34%), app mobile (38%), servizi di video streaming (29%) e Twitter (26%).
I risultati della ricerca suggeriscono che in Europa le restrizioni aziendali legate all’uso di Internet siano dovute alla scarsa fiducia che alcuni datori di lavoro dimostrano nei confronti dei propri dipendenti. Solamente la metà dei lavoratori europei (51%), infatti, dichiara di essere libera di utilizzare la tecnologia come desidera e di venire trattata come competente in materia. Secondo un quinto degli intervistati (17%), invece, il proprio superiore dà per scontata una scarsa conoscenza tecnologica da parte dei dipendenti, imponendo, dunque, severe restrizioni sull’uso dei dispositivi.
“Dal punto di vista della sicurezza, è comprensibile che i datori di lavoro vogliano controllare l’uso della tecnologia da parte dei propri dipendenti. Se, però, questo si traduce nell’ignorare le esigenze del professionista moderno, le aziende potrebbero andare incontro a un calo di produttività e di coinvolgimento. I giorni in cui le persone seguivano le regole senza metterle in discussione appartengono decisamente al passato. Fiducia, comunicazione chiara e quadri normativi adeguati sono molto più efficaci nel favorire un comportamento costruttivo, al lavoro come nel tempo libero – spiega Dimitrios Tsivrikos, Consumer and Business Psychologist allo University College London – Come dimostra questo studio, vietare l’utilizzo della tecnologia e l’accesso ad alcuni siti web sul posto di lavoro spesso produce l’effetto opposto rispetto a quello desiderato. Una reale fiducia deve essere reciproca. Le aziende dovrebbero cercare di osservare il modo in cui i propri dipendenti lavorano e trovare, quindi, il modo di incorporarlo positivamente all’interno dell’ambiente professionale”.
Lo studio rivela, inoltre, come in Italia i cosiddetti “Millennials”, di età compresa tra i 18 e i 34 anni, sono i più propensi a sfidare le restrizioni aziendali in materia di accesso a siti web e applicazioni, con quasi il doppio delle probabilità di aggirare le norme rispetto alla media di tutte le altre età. Quasi la metà di loro ha, infatti, ammesso di ignorare o aggirare abitualmente il divieto di accedere a Facebook (49%) e ai siti di video streaming come YouTube (36%). Per quanto riguarda il settore di mercato, invece, quello in cui in Europa si tende a limitare o vietare l’accesso a Facebook più frequentemente è l’alberghiero (47%). Nonostante questo, le persone che vi operano sono tra quelle che tendono a disobbedire più spesso (38%), seconde solo a chi lavora nel settore immobiliare (46%).
“I giovani ci stanno rivelando come saranno i luoghi di lavoro tra qualche anno – sottolinea Rob Orr, Vice Presidente Business Enterprise di Samsung Europe – Le aziende non possono permettersi che la violazione delle norme di sicurezza e delle normative sull’uso di Internet diventi la regola. Considerando, inoltre, che i lavoratori utilizzano sempre di più i propri dispositivi personali sul lavoro e, viceversa, quelli aziendali per motivi privati, è evidente la necessità di tracciare confini definiti tra le due sfere, che siano compresi e rispettati da tutti”.