Non solo Facebook non pagherà tasse federali per l’anno fiscale 2012, ma riceverà dal Fisco statunitense un rimborso di 429 milioni di dollari.
A svelarlo è il gruppo di attivisti riuniti nell’organizzazione “Citizens for Tax Justice”, in una pubblicazione rilanciata dai principali media americani.
Spulciando tra le note a pie’ pagina relative alla tassazione, contenute nel report sull’anno finanziario appena trascorso diffuso dal gruppo a fine gennaio, l’associazione ha scoperto che, per quel periodo, l’azienda fondata da Mark Zuckerberg ha riportato ricavi per 1,1 miliardi di dollari e 559 milioni di debito verso l’agenzia delle tasse.
Nello stesso tempo, però, la company sostiene di avere 1,03 miliardi di dollari di “excess tax benefit” relativi all’esercizio delle stock option e altri “equity awards”. In altre parole, nei confronti del Fisco ha un debito di 559 milioni e un credito di 1,03 miliardi. Facendo la sottrazione, e togliendo la porzione del credito usata per pagare le imposte statali, restano circa 429 milioni di dollari che il governo federale deve rimborsare a Facebook.
Tutto questo è possibile – e anche perfettamente legale – perché il gruppo di Zuckerberg usa le azioni soprattutto per compensare i suoi dipendenti e ha il diritto di contabilizzare le stock option come spese che riducono i profitti. Fino all’anno scorso il social network non era quotato in Borsa e quindi non aveva l’obbligo di rivelare tutte queste informazioni. Ora lo è, e perciò ha accumulato nella sua dichiarazione tutti gli ingenti compensi che aveva elargito finora attraverso il passaggio delle azioni. Risultato: l’enorme “excess tax benefit” ammassato, che consente a Facebook non solo di non pagare tasse, ma di avere diritto a un ingente rimborso.
I portavoce dell’azienda hanno rifiutato, per il momento, di commentare l’accaduto. Però l’ufficio stampa ha invitato i reporter a riguardare le dichiarazioni fatte dal Chief financial officer, David Ebersman, durante una passata conversazione con gli analisti. All’epoca Ebersman aveva citato i benefici fiscali accumulati e aveva anche ricordato che Facebook aveva chiuso l’anno con circa 10 miliardi in investimenti e contante, che “ci danno grande flessibilità e protezione dai rischi”.
È da tempo che i big informatici statunitensi sono preda di critiche per le modalità “creative” con cui gestiscono il pagamento delle tasse. Solo per fare qualche esempio relativo a Facebook, lo scorso ottobre il quotidiano britannico “The Indipendent” ha denunciato che il social network ha pagato solo 238mila sterline di tasse per le sue attività nel Regno Unito a fronte d’introiti pari a 175 milioni. L’escamotage utilizzato è del tutto legale ed è peraltro prassi comune per i colossi dell’era 2.0 come Apple, Google e Amazon: “esportare” i profitti in Irlanda, dove si trova il quartier generale di Facebook per l’Europa e dove il regime fiscale è più favorevole.
E lo scorso dicembre la Guardia di Finanza ha avviato verifiche su Facebook Italia per riscontrare il corretto adempimento degli obblighi tributari nel nostro Paese.