L'INTERVISTA

Fadi Chehadé: “La cyberwar cambierà il volto di Internet”

Intervista all’ex ceo di Icann e senior advisor del World Economic Forum: “Stiamo ripensando il modo in cui la Rete deve funzionare. Stati e aziende stanno perdendo troppo potere”. Ma assicura: “Non si tornerà sotto il controllo Usa”

Pubblicato il 17 Lug 2017

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La Rete aperta si è scoperta meno sicura, la cyberwar è diventata realtà e non sembra più così scontato che la Internet del futuro resti uguale a come l’abbiamo conosciuta. Ne parla in un’intervista pubblicata sul sito di Generali, Fadi Chehadé, docente a Harvard, senior advisor del World Economic Forum e ex Ceo di Icann (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers).

“I padri di Internet, Vint Cerf, Bob Khan e Steve Crocker, mi hanno raccontato che quando hanno creato Internet c’erano due modelli possibili: uno più sicuro e uno più aperto – spiega Chehadé – Hanno scelto quello più aperto sulla base delle richieste arrivate dal Dipartimento della Difesa Usa e lo hanno fatto perché in questo modo sarebbe stata una Rete più resiliente, che non cade facilmente. Come noto, il Web che conosciamo rappresenta solo un quinto di Internet, esiste anche il Dark web, quello “clandestino”, anch’esso creato in modo aperto. Oggi siamo di fronte a un dilemma perché Internet non era stata creata per la cyberwar: stiamo ripensando il modo in cui la Rete deve funzionare. È un momento molto delicato”.

Secondo l’esperto Internet può essere pensata su tre livelli. “Il primo è quello delle reti e dell’infrastruttura, ed è abbastanza ben governato dal punto di vista degli standard e delle regole. Il secondo livello è quello logico, quello di Icann, che consente alle 80mila reti che costituiscono Internet di essere percepita come una sola Rete – evidenzia – Il terzo livello è quello dei diritti umani, dell’intelligenza artificiale, degli standard di sicurezza, e qui non c’è alcun ordine, non c’è nessuna Icann. Oggi molti capi di governo e top manager di grandi aziende stanno pensando che qualcosa si deve fare, anche perché Stati e aziende stanno perdendo potere. Oggi in tutti i meeting internazionali si parla di cyber warfare, è la priorità di tutti, tutti stanno cercando di potenziare il proprio potere “militare” digitale e poiché la Rete non è sicura ci sono grandi problemi. Credo che questa estate, prima della Assemblea Generale dell’Onu in settembre, qualcosa succederà: non si può continuare così, è troppo pericoloso”.

Si tratta di un’esigenza sentita anche dalla Cina che “ha capito che per essere una potenza globale ha bisogno di Internet”.

Sull’emergere della figura degli hacker di Stato, Chehadé analizza lo studio del Carnegie Endowment for International Peace, di Washington. “E’ stato chiesto ai governi dei Paesi in possesso di armi nucleari se fossero disponibili a firmare un trattato di non proliferazione delle cyberweapon. Tutti hanno risposto no – ha ricordato – È comprensibile: è troppo presto, nessuno vuole assumersi il rischio. Ma il problema più grande è che nel mondo nucleare le armi sono in mano agli Stati, quindi nessuno si assume la responsabilità degli attacchi informatici, la cyberwar ufficialmente la fa qualcun altro. Non abbiamo un framework comune. L’Onu è nata come sistema del secolo scorso, durante la Seconda guerra mondiale. Oggi abbiamo bisogno di un nuovo sistema e spero non si debba aspettare una grande crisi per costruirlo”.

Focus anche sull’insurance. Per l’ex ceo di Icann, le compagnie di assicurazione avranno un ruolo molto importante nello spazio digitale. “Non solo nel fornire assicurazioni contro la pirateria informatica, ma soprattutto nel creare incentivi all’industria per costruire dispositivi e soluzioni digitali più sicure”, puntualizza.

Sul futuro di Icann, infine, Chehadé non è preoccupato che il presidente Trump possa far tornare l’ente sotto il controllo Usa. “Legalmente e anche praticamente è quasi impossibile – dice – Io ho incontrato i responsabili della NTIA (National Telecommunications & Informal Administration), l’agenzia governativa Usa che sovrintende alle questioni delle reti di telecomunicazione, e mi hanno assicurato che non ci sarà nessun ritorno indietro”.

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