“Attenti a non trasformare Facebook in un gigantesco alibi per coprire fenomeni più profondi e complessi o semplicemente il nuovo che avanza. Siamo sicuri che prima della nascita dei social il flusso dell’informazione controllata dai grandi media garantisse più trasparenza e controllo da parte dei cittadini-elettori?”. Il sottosegretario con delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, replica così alle preoccupazioni espresse pochi giorni fa dal ministro della Giustizia Andrea Orlando. Giacomelli, confermato sottosegretario ieri dall’esecutivo Gentiloni, sceglie una lettera al Foglio, lo stesso quotidiano che ha intervistato Orlando, per esprimere più di un dubbio sull’immaginario degli Over the top quali responsabili della diffusione di notizie false in Rete.
“Ho come l’impressione che gli Over the top stiano diventando il bersaglio più facile di chi voglia difendere gerarchie, vecchie abitudini, rendite di posizione – sostiene Giacomelli -. Lo dico a noi democratici: com’è possibile che in pochi mesi la California dell’innovazione di Obama sia già diventata il male assoluto? Basterebbe ricordare l’impatto del non voto delle generazioni più giovani sull’esito della Brexit o i tre milioni di voti in più raccolti da Hillary Clinton su Donald Trump per smentire il facile determinismo tecnologico dietro al quale spieghiamo sconfitte in gran parte politiche”.
Sulla richiesta avanzata dal ministro Orlando circa la responsabilità di Facebook&Co. per la diffusione delle bufale, Giacomelli avanza alcune criticità di azione: “Cosa intende? Una multa per ogni notizia falsa che uno di noi ha pubblicato? Un controllo preventivo? E poi, oggi i giornali pagano una multa per le notizie false?”. I milioni di cittadini che tutti i giorni usano Facebook o Youtube “sanno benissimo come funzionano Facebook o Youtube e non credo accetterebbero l’idea che qualcuno preventivamente decidesse cosa pubblicare e cosa censurare”.
L’affondo del ministro Orlando è stato abbastanza deciso: “E’ arrivato il momento di mettere le cose in chiaro: Facebook non può essere più considerato un semplice veicolo di contenuti – ha spiegato al Foglio -. Se su una bacheca vengono condivisi messaggi d’odio, o propaganda xenofoba è necessario che se ne assuma le responsabilità non solo chi ha pubblicato il messaggio ma anche chi ha permesso a quel messaggio di essere letto potenzialmente in tutto il mondo. Al momento non esiste una legge che renda Facebook responsabile ma di questo discuteremo in sede europea prima del G7, per mettere a tema il problema senza ipocrisie”.
Su quest’utlimo punto il sottosegretario alle Comunicazioni ricorda che “già oggi non tutto è permesso: esistono le leggi, i tribunali, le authority” e che nella revisione della Direttiva Media in corso a Bruxelles l’Italia “ha proposto di facilitare modi e tempi con cui contenuti violenti e pedopornografici vengono rimossi dalle piattaforme di videosharing”. Ma, conclude Giacomelli, “c’è un limite oltre il quale rischiamo di non essere capiti proprio da chi quelle piattaforme le usa tutti i giorni”.
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