PUNTI DI VISTA

Federutility: la politica non dimentichi il digitale

Lo sviluppo passa per la banda ultralarga. Irresponsabili i programmi elettorali che non considerano le Tlc centrali nei progetti di rilancio economico

Pubblicato il 25 Gen 2013

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Non c’è vero rilancio dell’occupazione, dello sviluppo, del commercio se non si punta su Internet e sul digitale. Mentre il nostro Paese, insieme ad altri mercati evoluti, soffre la spinta della recessione ed il peso industriale di nazioni con grandissima capacità produttiva come Cina ed India, tanto rimane ancora da fare per le nostre imprese italiane. Una via d’uscita c’è. Associazioni industriali ed imprenditoriali, pubbliche amministrazioni locali e camere di commercio sono impegnate nella tutela e sviluppo del patrimonio industriale e commerciale del proprio territorio. Ma tanti dimenticano quella che è una palese priorità.

Come non rendersi conto che quello che sta succedendo a tutti i livelli grazie ad internet è un cambiamento che porta valore e vere opportunità di crescita? Oggi, già oggi, i processi di acquisto di immobili, turismo, elettronica, assicurazioni, moda, musica – solo per fare gli esempi più eclatanti – sono già ampiamente gestiti e sviluppati via web. Secondo Confindustria Digitale l’economia legata ad internet in Italia pesa oggi il 4% sul PIL: un valore praticamente allineato a settori importanti quali Agricoltura ed Utilities e più grande della Ristorazione. Secondo l’indagine McKinsey sulle Pmi italiane, le aziende che investono in tecnologie Web, nonostante il perdurare della crisi economica, continuano a crescere ad un ritmo del 10% l’anno, l’incidenza del loro export è più che doppio rispetto alle imprese più tradizionali ed hanno una marginalità del 50% superiore. Con una crescita annua attesa compresa tra il 13% e il 18% tra il 2009 ed il 2015, l’Internet economy italiana rappresenterà nel 2015 tra il 3,3% e il 4,3% del PIL (Boston Consulting Group 2011). Le connessioni mobile in Italia stanno aumentando all’incredibile tasso del 17% (Agcom – primi 9 mesi 2012). Secondo Assinform, nel primo semestre 2012 hanno registrato grandi vendite gli smartphone (+30%), i tablet (+78,5%) ed è in forte crescita anche il cloud computing (+41,6%). I giovani sono ormai “nativi digitali” cioè completamente immersi in una dinamica di comunicazione che i nostri padri neanche immaginavano.

La banda ultra-larga e le reti Tlc rappresentano un fondamentale elemento competitivo – e, da un punto di vista non certo secondario, di sviluppo sociale – perché generano ricadute positive sulla crescita non solo di chi la utilizza ma di un intero territorio.

I nodi sono due e pur essendo sostanzialmente noti non vengono affrontati con le dovute misure di sostegno: le infrastrutture – le dorsali di collegamento ad alta velocità di bit per cittadini ed imprese – e la cultura digitale per saper cogliere appieno il potenziale della banda ultra-larga.

Innovazione e riduzione delle spese spesso vanno virtuosamente di pari passo. Attraverso le tecnologie digitali è possibile una riduzione del deficit per 19 miliardi di euro entro il 2013 attraverso: una riduzione della spesa per gli acquisti della Pubblica Amministrazione con un risparmio di 4 miliardi di euro ed un aumento della produttività della P.A. grazie un miglioramento dell’efficienza, con un risparmio di 15 miliardi di euro.

Ormai è un dato di mercato, rilevato anche da BCG, e non una tendenza o dichiarazioni di intenti: le Piccole e Medie Imprese (Pmi) che usano Internet attivamente crescono più in fretta, raggiungono una clientela più internazionale, assumono più persone, sono più produttive rispetto alle aziende non attive sul Web. Le PMI online attive (che effettuano attività di marketing o vendita in rete) hanno registrato una crescita media dei ricavi negli ultimi tre anni dell’1,2% rispetto ad un calo del 2,4% di quelle online esclusivamente con un sito web e del 4,5% delle offline (senza alcuna presenza in rete).

Se le attività commerciali ma anche aspetti cruciali per lo sviluppo civile del paese come l’istruzione, possono essere rivoluzionate in positivo da questa spinta tecnologica, perché questo non avviene? Perché questa non diventa una vera priorità?

Cremona ha investito negli anni in un’infrastruttura che consente alla città la stessa potenziale e proporzionale competitività Ict di New York. Grazie alla scelta di diverse amministrazioni “illuminate”, gode oggi di una situazione privilegiata e costituisce un caso di eccellenza, posizionandosi tra le prime città per livello di penetrazione della fibra ottica nelle case dei cittadini (Fiber to the Home) e tra le prime province ad aver superato interamente il digital divide infrastrutturale, offrendo l’accesso internet veloce a tutti i cittadini. La disponibilità della rete ha reso Cremona città capofila delle sperimentazioni condotte nel 2012 nell’ambito dell’Agenda Digitale Lombarda, progetto promosso da Regione Lombardia per favorire l’utilizzo di internet nei rapporti tra P.A., imprese e cittadini.

Ma non tutti hanno la stessa lungimiranza e gli investimenti “hard” mancano ancora in troppe parti del nostro Paese. E questo a scapito della ripresa.

Il ritardo del nostro Paese nell’adozione delle nuove tecnologie è testimoniato dalla penetrazione dell’uso della rete nella popolazione, che si ferma al 50% della popolazione (68% la media Ue27). Particolarmente limitata anche la pratica dell’ e-Government, che riguarda non più dell’8% (21% Ue27) dei cittadini e quella dell’e-commerce il 15% (43% Ue27). Anche dal lato delle imprese il gap è forte: solo il 4% delle imprese italiane effettua vendite direttamente on-line a fronte di una media Ue27 del 12%.

Come fare finta di niente? Esempi virtuosi (che, con tutte le differenze del caso, rimangono comunque indicativi) di paesi come la Svezia e il Regno Unito, che hanno adottato più velocemente rispetto ad altri infrastrutture tecnologiche avanzate, mostrano oggi come il contributo diretto al Pil di Internet sia superiore al 5%. Unito ai benefici in termini di creazione di posti di lavoro, opportunità di internazionalizzazione per le piccole e medie imprese, sviluppo di un’economia della conoscenza, il mix è vincente.

Un’occasione di crescita da non perdere, un volano importante per l’uscita dalla crisi: internet ha già avuto e continua ad avere un impatto positivo misurabile sulla crescita dell’occupazione in Italia. Per McKinsey & Company, in Italia sono stati creati circa 700.000 posti di lavoro collegati al Web negli ultimi 15 anni. Di questi, il 60% è direttamente collegato a Internet, tanto nei settori altamente digitalizzati (come per esempio nello sviluppo di software, telecomunicazioni, portali Web), quanto nei settori più tradizionali (come nelle funzioni di Web marketing o di Ict nel settore bancario). Il rimanente 40% e costituito dai posti di lavoro “indotti”, vale a dire da quelli che sono stati creati in tutti i settori economici a supporto indiretto dell’economia digitale. E poi nei 13 paesi analizzati da McKinsey, il Web ha creato in media 2,6 posti di lavoro per ogni posto eliminato – in tutti i settori.

Sempre a Cremona ha preso avvio un progetto di networking tra imprese nel campo digitale: poco prima di Natale, con protocollo d’intesa sottoscritto tra le imprese consorziate, il Comune di Cremona ed il Politecnico di Milano sede di Cremona, è nato il consorzio CRIT tra imprese pubbliche e private operanti nel settore delle nuove tecnologie. L’obiettivo è dare vita ad un Polo delle tecnologie ICT nel quale le aziende facciano “rete” e si generi uno spazio collaborativo aperto soprattutto alle start up. Così Cremona è un buon esempio del binomio “infrastrutture-sviluppo della cultura digitale” come centro di ogni processo di sviluppo economico.

Mentre si discute di programmi politici e di iniziative di tutela e rilancio economico dei territori, come dimenticare tutto questo? Sarebbe irresponsabile lasciare lo sviluppo di questo settore al dibattito universitario e non inserirlo tra le direttrici di crescita da stimolare con il massimo impegno.

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