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Fibra, spunta l’emendamento anti-tasse

A firma di Stefano Quintarelli (Lista Civica) punta ad annullare i contributi annui in carico agli operatori che posano fibra nelle città sotto i 50mila abitanti

Pubblicato il 11 Lug 2013

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Niente tasse per gli operatori che stendono fibra ottica in città sotto i 50.000 abitanti: lo propone Stefano Quintarelli (Scelta Civica) in un emendamento al cosiddetto Decreto del Fare depositato ieri alla Camera nell’ultimo giorno utile per la presentazione degli emendamenti.

Facendo riferimento all’articolo 10 del Decreto, il parlamentare scrive:

“Dopo il comma 3 aggiungere il seguente: 3-bis. All’articolo 1 , comma 1, lettera a),dell’allegato n. 10 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1º agosto 2003, n. 259, Al comma 1, sub a) è aggiunto il seguente punto: 4) su un territorio fino a 50.000 abitanti, nulla è dovuto”.

Traducendo dal linguaggio legislativo: il testo fa riferimento al Codice delle comunicazioni elettroniche, ovvero la Legge Gasparri del 2003, e in particolare, appunto, all’allegato 10. Questo allegato stabiliva i contributi annuali dovuti allo Stato da operatori di telefonia, operatori dati e Internet service provider (Isp).

In pratica, in base alla legge, l’operatore dati in grado di stendere e accendere la fibra ottica deve versare allo Stato 27.500 euro all’anno se opera in un centro sotto i 200.000 abitanti, 55.000 euro se la città supera i 200.000 e 110.000 se l’operatore è attivo su tutto il territorio nazionale.

“È un provvedimento teso a favorire gli operatori di grandi dimensioni – dice Quintarelli – perché la fibra in sé è economica, quello che pesa sui più piccoli è il costo della manodopera e, appunto, le tasse. Se il mio emendamento verrà accolto, potrà contribuire alla nascita di nuovi operatori nei piccoli centri, operatori che tra l’altro conoscono meglio dei ‘big’ il territorio locale. Gli installatori di fibra attualmente disoccupati, magari gli ex dipendenti di qualche big company, potrebbero riunirsi in cooperative e diventare loro stessi operatori, procedendo alla posa della fibra senza doversi preoccupare di versare onerosi contributi allo Stato. In sostanza sarebbe un incentivo allo sviluppo economico del Paese”.

La rimodulazione dei contribuiti statali da parte degli operatori è anche una battaglia di Assoprovider, che ha cominciato a occuparsene dal 2006. “L’allegato 10 del Codice delle comunicazioni è una barriera di accesso artificiosa imposta dallo Stato e non fa che ostacolare le attività economiche” dice Dino Bortolotto, presidente dell’Associazione dei Provider indipendenti. “Paradossalmente – spiega – se un operatore dati vuole stendere un metro di fibra ottica e Bolzano e uno a Palermo dovrà pagare 111.000 euro perché lavora sul ‘territorio nazionale’, un costo ovviamente non sostenibile da una società di piccole o medie dimensioni mentre per le grandi aziende di telecomunicazioni è una minima porzione del loro budget”.

Bortolotto non ritiene che, come sostengono alcuni, se si abolisse la tassa ci sarebbero reali problemi di gettito per le casse dello Stato. “Se anche, per assurdo, sul territorio ci fossero 100 operatori nazionali, il gettito annuale equivarrebbe a 11 milioni di euro, che per un’amministrazione statale non è certo una cifra enorme ed è comunque facilmente reperibile altrove. A nostro parere – conclude – non devono essere solo le grandi compagnie telefoniche, ma anche i piccoli operatori a realizzare la rete in fibra sul territorio”.

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