Pirateria italiana leggermente in calo. Ma i danni continuano a essere ingenti, calcolabili in 1 miliardo per l’economia italiana con quasi 6mila posti di lavoro a rischio e un’incidenza sul PIL pari a 369 milioni di euro (in calo del 14% rispetto al 2016). Quantificabile in 617 milioni il danno per l’industria audiovisiva. Emerge dal report presentato oggi a Roma da Fapav, la federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali realizzato da Ipsos, secondo cui il fenomeno registra nel 2017 una contrazione – 37%, due punti percentuali in meno rispetto al 2016. Meno propensi a piratare rispetto al passato gli under15 i giovanissimi, un dato che fa ben sperare in uno scenario che comunque vede il 37% della popolazione italiana – il 70% degli utenti Internet – impegnata a vedere film e serie illegalmente almeno una volta all’anno. Non va abbassata la guardia, commenta Federico Bagnoli Rossi, Segretario Generale Fapav, secondo il quale la leggera contrazione va attribuita “da una parte al rafforzamento dell’attività di enforcement e di sensibilizzazione del consumatore, dall’altra alla crescita dell’offerta legale. Ma dobbiamo proseguire con le attività educational”.
“Il contrasto alla pirateria è un processo graduale – ha detto Nando Pagnoncelli, Presidente Ipsos Italia nel corso dell’evento patrocinato da Consiglio Superiore della Magistratura, Presidenza del Consiglio dei Ministri e Acom -. Prevede tempi lunghi, soprattutto per affermare non solo la consapevolezza dell’illegalità ma soprattutto dei danni economici e sociali ad essa connessi”.
Gli sforzi per arginare il fenomeno sono concentrati oltre che su una “continua e mirata attività di enforcement”, su campagne di comunicazione ed educational finalizzate a sensibilizzare lo spettatore “in primis sul valore dell’opera audiovisiva – lavoro collettivo che coinvolge oltre 180mila professionisti in Italia – e in secondo luogo sulla promozione dell’offerta legale di contenuti”.
Il film è ancora il contenuto più piratato dagli Italiani, lo guarda l’81% del totale dei pirati, seguito dalle serie e dai programmi televisivi. Lo streaming è la forma di pirateria più diffusa (26%) ma cresce di 5 punti percentuali l’incidenza del download (22%), soprattutto su film e programmi.
Il “pirata-tipo” è un Internet user che guarda prevalentemente film e lo fa preferendo lo streaming, anche se il download illegale è in crescita. Tra i pirati c’è una maggior concentrazione di soggetti con una istruzione medio alta, lavoratori autonomi e liberi professionisti: sono a conoscenza che la pirateria è un reato, e sanno come trovare illegalmente sul web i vari contenuti.
Tra i giovanissimi la pirateria è più diffusa, anche se in calo di 7 punti percentuali rispetto al 2016. Tra gli under 15, il 44% ha praticato almeno una forma di pirateria nel 2017, quasi tutti (93%) almeno una di tipo digitale, con una altissima preferenza per i film (90%). Chi pirata di più sono i giovani delle scuole medie. Come per gli adulti, lo streaming è la modalità di accesso preferita ai contenuti illegali (34%), seguito dal download/P2P (23%).
Aumenta del 4% la percentuale di utenti che, di fronte ad un sito pirata oscurato, si rivolge ad una alternativa legale a pagamento, arrivando al 30%. E aumenta anche la consapevolezza dell’illegalità della pirateria: il 78% dei pirati è a conoscenza di compiere un reato (era il 69% nella precedente rilevazione).
L’oscuramento dei siti appare l’arma più efficace: circa un terzo dei tentativi di accesso a siti oscurati si trasforma in fruizioni legali.
“Dunque – conclude la Fapav – l’approccio integrato tra enforcement e sensibilizzazione sui danni e le conseguenze del fenomeno, unito ad una offerta legale sempre più ampia, sembra essere la strada da percorrere per ridurre ulteriormente l’incidenza della pirateria”. Ma il percorso deve essere condiviso dai player in campo: aziende dell’industria culturale, Istituzioni e autorità competenti, oltre ovviamente a tutti gli operatori intermediari della comunicazione.