Il governo sarebbe pronto ad affrontare il tema spinoso della tassazione in Italia delle web company. Dopo vari tentativi, poi abortiti, di introdurre nell’ordinamento una Google-Tax, il Tesoro avrebbe allo studio una misura per fare in modo che le multinazionali del web versino allo Stato imposte commisurate ai guadagni realizzati nel Paese. Lo strumento utilizzato sarebbe uno dei decreti attuativi della delega fiscale, quello sul cosiddetto «ruling», che sarà esaminato dal consiglio dei ministri del 20 febbraio prossimo.
Stando a quanto scrive Il Messaggero, l’idea del governo sarebbe quella di rivedere la nozione di “stabile organizzazione”. Attualmente un’impresa straniera può essere qualificata italiana dal fisco se si dimostra che ha una struttura fisica nel Paese (dipendenti, stabilimenti produttivi, sede, etc); ma per le imprese del web questi requisiti nella maggior parte dei casi non sono presenti. Le filiali italiane risultano come semplici società di servizi che affiancano la casa madre e non come imprese autonome. Si punta quindi a rivedere la nozione di “stabile organizzazione” per le società che fanno “attività dematerializzate” aggiungendo il requisito del fatturato: se una web company supera una certa soglia di fatturato allora verrebbe automaticamente qualificata come impresa italiana con l’obbligo di pagare nel paese le imposte dirette o indirette.
Un meccanismo del genere, secondo gli esperti del Mef che lavorano alla soluzione, sarebbe in linea con gli standard internazionali che stanno studiando in Ocse.
Ad oggi, ricorda Il Messaggero, quale sia realmente il fatturato delle big company non è noto. Secondo le stime più accreditate Google raccoglierebbe 1,2 miliardi di euro di pubblicità e anche Apple, Amazon e Facebook avrebbero fatturati milionari. La somma dei loro ricavi sarebbe superiore ai 4 miliardi ma, nel 2013, hanno versato all’Erario italiano solo 11,4 milioni.