Stop alle imposte sui servizi digitali. Le tech company europee scrivono ai ministri dell’Economia per chiedere al più presto una soluzione globale, si legge nella missiva, che porti “una maggiore equità e una stabilità di lungo termine per il sistema fiscale internazionale, mettendo fine alle misure fiscali unilaterali discrezionali, comprese Digital services tax (“Dst”), per tutte le aziende. Esortiamo i governi a dar prova a un impegno costante per finalizzare e attuare una soluzione che realizzi efficacemente questi obiettivi”. La missiva inviata in vista dell’imminente incontro riguardo il “Pillar One” dell’Ocse che verterà sulla riforma fiscale globale.
Dst, un danno alla crescita e all’occupazione
Secondo le aziende firmatarie – spiccano tra le altre Booking, Spotify e alcune piattaforme di food delivery – queste imposte hanno creato instabilità nel sistema fiscale internazionale e rappresentano “un danno sostanziale per la crescita economica, gli investimenti, l’innovazione e l’occupazione”. Inoltre impediscono ai player europei di competere efficacemente con le concorrenti globali.
L’impatto sui ricavi
I ricavi svolgono un ruolo fondamentale per la crescita e la competitività della maggior parte delle imprese. “Le Dst colpiscono maggiormente le aziende nelle prime fasi di crescita, in particolare quelle non ancora redditizie, e quelle con margini ridotti – prosegue la missiva – Gli effetti negativi di queste misure sono avvertiti da molte aziende tecnologiche europee. Le Dst priverebbero queste stesse aziende di una fonte essenziale di capitale, indispensabile per poter reinvestire nella loro crescita e, di conseguenza, indebolirebbero la loro competitività sia in Europa che a livello globale”. Nel mirino anche le difficoltà legali, tecniche, politiche e commerciali.
Le criticità delle Dst
Le aziende elencano le criticità legare a questo tipo di tassazione:
- Le Dst sono uno strumento politico grossolano, che mira a colpire le aziende più grandi e più redditizie. Tuttavia, tassano i ricavi lordi, non i profitti, si applicano cioè a prescindere dalla redditività di un’azienda. Ciò ha un impatto sproporzionato sulle aziende tecnologiche europee, con conseguente disparità di condizioni.
- Le Dst portano a una doppia tassazione, o addirittura a una tassazione a più livelli, che non viene alleggerita. Ciò si verifica quando i ricavi sono già soggetti all’imposta sul reddito delle società, all’imposta sul valore aggiunto (Iva) e/o ad altre misure fiscali unilaterali nella stessa o in altre giurisdizioni. Le Dst spesso non prevedono sistemi per evitare la doppia imposizione o per compensarla con altre Dst o con altre imposte rilevanti, dando così luogo a una tassazione a più livelli. Inoltre, il fatto che le Dst siano contabilizzate come un onere che colpisce il reddito operativo (Ebitda) e i profitti, ha un impatto ulteriore e diretto per le aziende tecnologiche che si basano sull’Ebita come indicatore chiave di performance.
- Le Dst provocano tensioni commerciali e possono innescare azioni di ritorsione da parte di altri Paesi. Queste azioni possono includere imposte aggressive e arbitrarie sul fatturato o sulle attività locali delle imprese straniere in quei Paesi, con un ulteriore impatto sulla capacità delle imprese di crescere e competere su un piano di parità.
- Le Dst rischiano di proliferare, moltiplicando questi effetti dannosi per le imprese, soprattutto se non c’è un accordo in merito al Pillar One o, qualora ci sia, se non raggiungono efficacemente gli obiettivi sopra indicati e/o se l’accordo non viene attuato su larga scala. Ciò potrebbe portare a un groviglio di misure non coordinate con ambiti di applicazione diversi o sovrapposti, tassi variabili (alcuni molto elevati) e requisiti di conformità e di gestione diversi.
“L’applicazione generalizzata delle Dst, insieme a possibili azioni di ritorsione, creerebbe ostacoli significativi per le nuove imprese e, per quelle con margini ridotti, a svilupparsi e ad attrarre investimenti di capitale per le nuove tecnologie, ostacolando così l’innovazione, che è un catalizzatore per l’occupazione e la crescita economica futura – si evidenzia – I prezzi al consumo potrebbero aumentare perché le imprese potrebbero essere costrette a trasferire questi costi. Le imprese che non sono in grado di farlo potrebbero subire gravi problemi finanziari”.
Pillar One chance per un quadro fiscale più equo
In questo contesto Pillar One offrirebbe l’opportunità di creare un quadro fiscale internazionale più equo e stabile, in grado di tassare i profitti, evitare la doppia tassazione, aumentare la sicurezza fiscale attraverso meccanismi efficaci di prevenzione e risoluzione delle controversie e porre fine alle Dst e ad altre misure simili. “Accogliamo con favore la volontà dei governi di portare a termine il Pillar One entro questo mese e li incoraggiamo a raggiungere risultati in tempi rapidi, ma che siano efficaci, pratici e sostenibili”, dicono le aziende.
Il Pillar One, con un approccio unificato che si fonda sugli Amount A e B destinato a gruppi con più di 20 miliardi di fatturato, mira ad assicurare che uno Stato possa assoggettare a tassazione imprese non residenti indipendentemente dal fatto che abbiano un collegamento fisico con quest’ultimo. L’Amount A fa infatti riferimento alla presenza digitale significativa. Le aziende interessate, con una redditività superiore al 10% del fatturato, dovranno riallocare il 25% del profitto in eccesso ai Paesi dove vengono realizzati ricavi.
Principi Ifrs, regole di transfer pricing e compliance guideranno il processo. L’Amount B è volto a individuare una remunerazione fissa per attività di distribuzione e marketing. Restano escluse le industrie estrattive e il mondo finanziario. Occorrerà gestire la doppia imposizione con una convenzione ad hoc, “fuori” dai trattati, da innestare sul complesso bilanciamento delle potestà impositive dei singoli Stati.
Sospendere le Dst oltre il 31 dicembre 2023
Per creare uno spazio e fornire una certezza giuridica e fiscale fino all’attuazione del Pillar One, Booking & co propongono ai governi europei di estendere l’accordo di sospensione sulle Dst oltre il 31 dicembre 2023. In questo modo si eviterebbe l’implementazione di nuove Dst e si lascerebbe ai governi il tempo di completare i negoziati, le discussioni interne e i processi di ratifica e implementazione. “Chiediamo a tutti i governi che attualmente riscuotono le imposte in base alle Dst esistenti di interrompere tempestivamente la riscossione di tali imposte qualora si raggiunga un accordo a luglio. Accogliamo inoltre con favore l’intenzione dell’Unione Europea, come delineato nel quadro della recente proposta della Commissione Europea sulle risorse interne, di non prendere in considerazione ulteriori misure fiscali sul settore digitale, fintanto che One Pillar sarà in preparazione o in vigore”.
La lista delle aziende firmatarie
Adevinta, Antoine Jouteau, Ceo
AirHelp, Tomasz Pawliszyn, Ceo
Allegro, Jon Eastick, Cfo
Booking.com, Sue D’Emic, Cfo
Catawiki, Andy Botha, Cfo
Criteo, Sarah Glickman, Cfo
Delivery Hero, Emmanuel Thomassin, Cfo
Glovo, Eduard Ros, Cfo
Just Eat Takeaway.com, Brent Wissink, Cfo
Schibsted, Kristin Skogen Lund, Ceo and President of the EU Tech Alliance
Spotify, Paul Vogel, Cfo
Trustpilot, Carolyn Jameson, Chief Trust Officer and Chief Consumer Officer
Vinted, Thomas Plantenga, Ceo
Wolt, Kris Beyens, Cfo
Zalando, Robert Gentz, Ceo