Benino le telecomunicazioni, complessivamente bene l’Information Technology, con alcune prestazioni super e altre che stentano ad arrivare alla sufficienza, tempo variabile con qualche nube nell’elettronica di consumo dai contorni sempre più frastagliati. E’ questo il quadro che emerge un’analisi dei trend del settore condotta da Fmc, società specializzata in consulenza di comunicazione hi-tech. L’indagine è basata sugli andamenti borsistici di quaranta delle aziende più significative: in ordine alfabetico dalla “A” di Alcatel-Lucent, Apple o AT&T alla “V” di Verizon o alla “Z” di Zte, coprendo pertanto i diversi settori dell’hardware e del software IT, delle tecnologie e dei servizi di telecomunicazioni e dell’elettronica di consumo, senza trascurare le maggiori web companies.
Tra gli elementi considerati le variazioni dei corsi azionari, fluttuazione degli stessi, divario a fine anno rispetto ai massimi, capitalizzazione borsistici. Dall’esame “emerge un quadro che nelle reti e telecomunicazioni premia maggiormente i costruttori di apparati per tecnologie mobili rispetto a quelli per reti fisse, riflettendo gli investimenti nelle nuove reti veloci 4G/LTE. Nell’informatica si apprezza un anno di tenuta significativa dei pc, grazie anche ai cambi di piattaforma, mentre si avverte l’appesantimento dei tablet. Nel software si manifesta un quadro variabile, caratterizzato dall’impegno all’adozione della modalità cloud, che però penalizza i business più tradizionali – spiega Sandro Frigerio, che cura la newsletter Fmc Report. “Lo smartphone è ormai il prodotto principe dell’elettronica di consumo, anche a discapito di altre tecnologie, ma anche qui si avverte nei numeri la difficoltà di alcuni marchi, come Samsung, messi sotto pressione da nuovi competitor. Il business che ruota attorno al web, infine, è in rapida evoluzione. Tra i segnali più interessanti in generale sono la ripresa di HP dopo un biennio di difficoltà, il buon andamento di Cisco, la novità di una Microsoft dinamica dopo un decennio di stagnazione azionaria, la pausa di Samsung, la frenata di Google e ancor più di Twitter, il rinnovato sprint di Apple, il boom di Alibaba, mentre il calo di Ibm evidenzia le difficoltà dei fornitori più legati all’informatica legacy”.
Entrando nel dettaglio emerge che tra i costruttori di infrastrutture per reti pubbliche e private, i progressi azionari maggiori sono stati quelli di Zte e di Cisco, rispettivamente con un + 35 e un +25% rispetto a inizio 2014, anche se va precisato che il costruttore cinese ha una capitalizzazione di borsa di 10 miliardi di dollari e Cisco di 140. Sostanzialmente allo stesso livello dopo 12 mesi sono state Ericsson, (+1%), Nokia (-1%) e Juniper Networks (-2%). Flette invece del 13% Alcatel-Lucent, che, tra i maggiori “vendor”, ha anche la maggior volatilità nel corso dell’anno, con una differenza tra massimi e minimi di quasi 2 a 1 (1,9), al pari della più piccola Ciena (a sua volta con un -17%), seguita con una fluttuazione di 1,61 volte per Zte e di 1,56 di Juniper. Cisco ha chiuso l’anno molto vicino ai massimi (98%), mentre più lontane sono state Juniper (78%), Alcatel-Lucent (86%) e Ciena (87%). Quanto alla capitalizzazione di borsa, Cisco stacca tutti con i suoi 140 miliardi di dollari, seguita a distanza da Ericsson (38,5) e Nokia (27,8). Attorno ai 10 miliardi sono Zte (10,2), Juniper (9,7) e Alcatel-Lucent (9,5). In questo ranking non appare Huawei che, a dispetto delle sue dimensioni (la maggiore per fatturato, testa a testa con Cisco), non è quotata in borsa.
Nel settore dell’informatica ed elettronica si registrano le variazioni maggiori. Anche perchè il settore, è molto articolato, con aziende che si proiettano dai pc agli smartphone, dai servizi web al software. Nell’area dei prodotti e sistemi, Apple registra il record di capitalizzazione, con 651 miliardi di dollari a fine anno, e di incremento del titolo del 45 per cento nei dodici mesi, analogo al balzo in avanti di HP (che capitalizza 75 miliardi di dollari) . Di poco inferiore è stato l’incremento di Intel (+44% e 171 miliardi di capitalizzazione).
Nel software, Microsoft si stacca da un decennio di torpore e strappa un + 32%. Per Oracle è il 20%, mentre la rivale Sap cede il 7%. Andamento differenziato tra gli altri produttori di sistemi: Ibm ha chiuso un anno al ribasso, con un -14%, mentre Emc, il numero uno dello storage, cresce del 18. Resta stabile l’altro big dello storage, NetApp. Tra le web companies, è stato l’anno di Facebook, con +36,5%, a fronte di un calo del 6% di Google. Nel comparto sono molte le aziende che hanno chiuso l’anno vicino ai minimi, con un rapporto tra quotazione di chiusura e massimo annuale superiore al 92% per Hp, Emc, Apple, Microsoft, Oracle, Intel, Facebook. Le più lontane dai massimi sono, nel gruppo, Lenovo (80%) e Ibm (81%).
Quanto a capitalizzazione, otto delle aziende del “panel” superano i 100 miliardi di dollari. Si tratta di Apple (651 miliardi), Microsoft (380), Google (325), Samsung (195), Oracle (189), Intel (171), Ibm (162), Facebook (220). Superano i 50 miliardi la già citata Hp (75), Sap (75), Accenture (58), Emc (57, di cui oltre la metà relativi alla sua controllata VMware).
A queste si aggiungono i due big del commercio elettronico: Amazon, che sconta anche alcune scelte poco felici (come l’avventura nei tablet) e gli investimenti nei servizi cloud, ha perso nell’anno il 21%, ma vale pur sempre 145 miliardi, superata dall’azienda-boom dell’anno, cioè la cinese Alibaba, quotata a fine settembre e con una capitalizzazione che sfiora ii 250 miliardi di dollari.
La “fotografia” scattata da Fmc comprende il settore dei carrier. Buon andamento per la francese Orange, che ha riportato un sonoro +45% nell’anno in cui il suo maggior concorrente (Sfr) è passato di mano (da Vivendi a Numericable). Modesti guadagni, dell’ordine del 4%, sono riportati dall’olandese Kpn. Sono stabili, con oscillazioni tra il +2 e il -3%, Telefonica, Telecom Italia, BT e Verizon nonché AT&T. BT, che a fine anno si è segnalata per la sua decisione di rientrare nel business delle comunicazioni mobili con l’acquisizione di EE, conclude comunque un triennio positivo, mentre il segno meno di Vodafone conferma la difficoltà di trovare stimoli di crescita nei mercati maturi, dopo la cessione della sua partecipazione Usa in Verizon . Andamento debole per gli operatori mobili di seconda linea negli Usa, che sono stati oggetto di acquisizioni o di tentativi in tal senso. Si tratta di Sprint, ora controllata da Softbank, che ha riportato -60% e di T-Mobile Usa, il braccio mobile americano di Deutsche Telekom, con un -20%.
La capitalizzazione vede ai primi posti i giganti Usa, con AT&T a 173 miliardi, Verizon a 192 miliardi. Vodafone quota 86 miliardi di dollari, seguono la messicana di Carlos Slim America Movil a quota 75, Deutsche Telekom (74 miliardi), la giapponese NTT (59 miliardi), Telefonica (63 miliardi) quindi più distaccate BT (49 miliardi), Orange (43 miliardi), seguita a distanza da Telecom Italia (19 miliardi), Sprint (16 miliardi, più che dimezzata nel valore di borsa) e Kpn (13 miliardi).
BT (95%), Orange (94%), Kpn (93%) sono le più vicine ai massimi dell’anno, mentre Vodafone (82%), Telecom Italia (87%, in aumento comunque del 9%), Verizon (87%), Telefonica (89%) sono invece tra le più lontane dai massimi. Va inoltre aggiunto che, per queste aziende come per quelle di altri comparti, l’effetto cambi valutari ha comportato effetti particolari a causa dell’apprezzamento del dollaro e del conseguente deprezzamento di altre valute. Nel caso di BT, per esempio, il progresso calcolato in sterline (circa il 6%) si riflette in una lieve flessione (circa l’1%) nei valori in dollari al Nyse.