RICERCA

Fondazione Bordoni, appello a Gentiloni: “Collasso vicino, cambiate i vertici”

Cda in prorogatio da 5 anni, bilancio in profondo rosso, nessuna commessa: i sindacati lanciano l’allarme sulla in house dello Stato e chiedono un incontro urgente con il premier: “Nessuna strategia, nessun ricambio negli organi statutari. Proprio mentre l’Italia è chiamata ad affrontare grandi sfide innovative”

Pubblicato il 30 Mar 2017

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“In assenza di una chiara direttiva, di un piano industriale credibile, nell’incertezza dei finanziamenti e nella prosecuzione di scelte e strategie discutibili da parte degli attuali vertici la Fondazione è destinata a esaurire la spinta propulsiva”. E’ un grido d’allarme estremo per salvare in corner la Fondazione Ugo Bordoni la lettera inviata dai sindacati (Fiom-Cgil e Uilm-Uil) al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, al ministro dello Sviluppo Carlo Calenda e al sottosegretario Antonello Giacomelli per chiedere un “incontro urgente”. Il collasso è vicino, si spiega, se il governo non fa qualcosa. Subito. La situazione è grave: “Un cda in regime di prorogatio dal 2012, bilanci degli ultimi 5 anni in perdita e previsioni per l’anno in corso che non lascia spazio a inversioni di tendenza. Una strategia posta in essere dai vertici aziendali non in grado di compensare la necessità di acquisire commesse. Assenza di visione strategica a medio e lungo termine”. All’appello dei Confederati si è unita la confederazione unitaria di base (FlmUniti-Cub) che indirizza la richiesta di incontro anche al presidente Agcom, Marcello Cardani: “Servono misure di correzione non più procrastinabili”.

La Fondazione Ugo Bordoni sta cadendo nel dimenticatoio. E anche a una certa velocità, accelerata dalla zavorra di un bilancio in profondo rosso e con previsioni disastrose per il futuro. Perché alla Fondazione, ex fiore all’occhiello della ricerca tecnologica che ha traghettato fino a oggi le strutture pubbliche nelle maggiori svolte innovative, nessuno assegna più compiti.

Come mai proprio oggi? Eppure il paradosso è evidente. L’Italia sta di fatto “abbandonando” la sua in house di ricerca proprio mentre il Paese sta spingendo sul digitale. I temi all’ordine del giorno, “pane” per il think thank della Fondazione, sono molteplici. Dalle aste di frequenze in preparazione (la banda 3,4-3,8 Ghz, la maxi-gara per la 700Mhz che comporterà laboriose grandi manovre e negoziati con gli stakeholder coinvolti), agli studi preparatori in vista dello sviluppo del 5G (studi diffusi, misure sul territorio), i grandi nodi di security, energia smart, industria 4.0, data mining.

Invece l’ente rischia il collasso definitivo dopo anni di grave crisi d’identità durante i quali non è stato tentato nessun rilancio in grado di individuare maggior stabilità e soprattutto un ruolo preciso. “La Fondazione Bordoni può svolgere un ruolo importante nella strategia del 5G date le tante professionalità al suo interno. Va rilanciata” aveva detto Giacomelli in un’intervista a Corcom.

Un preallarme c’era già stato nelle settimane scorse quando un comunicato interno dei sindacati chiedeva se non fosse opportuno che “i consiglieri, come atto di responsabilità”, rassegnassero le dimissioni.

Il fatto è che il consiglio d’amministrazione della Fondazione è in prorogatio dalla fine del 2012. Il direttore generale Alessandro Luciano (doppia carica: è anche presidente) è stato nominato nel 2011 al posto di Enrico Manca, governo Monti. Ma tutto tace. Alle sollecitazioni di Corcom nessuna risposta ai vertici tecnici (capo di Gabinetto) cui spetterebbero le mosse. “La Fondazione è un centro di ricerca e innovazione di eccellenza che ha storicamente supportato, con le conoscenze tecnico scientifiche in capo ai propri dipendenti, le amministrazioni pubbliche e in particolare il Mise” si dice nella lettera dei sindacati. “In innumerevoli occasioni cruciali per l’innovazione Ict, operando anche come sede di coinfronto trai diversi attori industriali coinvolti e tra questi le istituzioni”. Attualmente “è privata di un ricambio nella nomina degli organi statutari e messa in difficoltà nell’assolvere i propri compiti istituzionali, sia per quanto riguarda la ricerca scientifica, sia per quanto riguarda il sostegno delle politiche pubbliche nell’ambito Ict”.

Eppure fino all’anno 2000 ha formato ricercatori e accademici di valore internazionale nelle telecomunicazioni. Ha prodotto risultati scientifici pregevoli, dagli studi sui fenomeni della propagazione necessari alle comunicazioni via satellite, a quelli sulle fibre e sui dispositivi ottici, agli studi sulle tecniche di elaborazione dei segnali vocali. Un fiore all’occhiello del Paese sul versante tecnologico.

Lo stallo politico, frutto di passate gestioni, blocca il rinnovo della società, cambiandone di fatto i connotati: da società di ricerca impegnata su temi relativi alla connettività, a tematiche più di servizio. Nessuna linea strategica. La Fondazione sta diventando un ente “on demand”. Qual è il suo destino? Confluire nel ministero dello Sviluppo? Evidentemente è l’ora di prendere decisioni.

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