Sulla recente acquisizione di Foodora da parte di Glovo i sindacati chiedono chiarezza. Ad invocare maggiore trasparenza sulla vicenda che vede a rischio licenziamento i circa 2000 riders della piattaforma tedesca del food delivery sono Filcams, Fisascat e Uiltucs che chiedono di incontrare subito l’azienda. Glovo, infatti, non è obbligata ad assumere i riders finora in sella per Foodora perché non sono, formalmente, dipendenti dell’azienda. Se vorranno potranno presentare la loro candidatura alla società spagnola e se entreranno a far parte di quella flotta sarà alle loro condizioni.
L’incertezza sulla vicenda unita a quella che si registra sul tavolo di confronto voluto dal vicepremier Luigi Di Maio, impone, dicono all’unisono i sindacati, di capire “se tutto stia avvenendo correttamente per fare tutto quanto è in nostro potere per salvaguardare l’occupazione, diretta e non, potenzialmente interessata da questa operazione societaria”.
“La recente notizia della imminente acquisizione di Foodora da parte di Glovo ha comportato per ora solo l’annuncio, da parte della multinazionale spagnola, che i 2000 ciclofattorini attualmente in forza all’azienda tedesca non saranno confermati mentre il tavolo promosso dal Ministro Di Maio naviga in acque agitate con le imprese incapaci di fare sintesi fra le loro divergenti impostazioni e il dicastero che pare voler ascoltare le proposte di tutti , a partire da quelle dei riders, senza in realtà fornire risposte esaurienti a nessuno dei suoi interlocutori”, dicono i sindacati.
“Grandi appaiono la confusione e l’incertezza per un settore figlio della rivoluzione digitale e cresciuto vorticosamente negli ultimi anni attingendo a piene mani dalla precarizzazione del nostro mercato del lavoro”, ribadiscono chiedendo di “fare chiarezza su che basi anche giuridiche si stia perfezionando la cessione a Glovo” considerato, dice Cristian Sesena, segretario nazionale della Filcams Cgil, che fino ad oggi “non è pervenuta, su questa delicata partita, una posizione netta del Ministero del Lavoro”. ”È paradossale – conclude Sesena – che da un lato si sbandieri in ogni dove la ferma intenzione di offrire garanzie e tutele ai riders e dall’altro si faccia finta di non capire che prima di tutto bisogna garantire il posto di lavoro a questi lavoratori che sono in procinto di perderlo. Il Ministero non può esimersi dall’intervenire”.
Per le aziende di food delivery i riders sono lavoratori autonomi o, nella migliore delle ipotesi dei collaboratori coordinati e continuativi, i cosiddetti co.co.co.
E su questo fronte le cose rischiano di non cambiare nel breve periodo, nemmeno con l’intervento del governo. Al ministero dello sviluppo Economico è già aperto da qualche mese un tavolo di confronto per trovare una quadra sul futuro di questi lavoratori, per dargli maggiori tutele. Ma le tre diverse proposte avanzate dalle aziende di consegne di cibo a domicilio non hanno soddisfatto i rappresentanti dei rider e neanche i tecnici del Ministero.
La questione dei diritti del lavoro ai tempi della gig economy è sul tavolo anche della Ue. La Commissione Occupazione del Parlamento ha votato un pacchetto di riforme a tutela dei lavoratori precari, compresi i rider di Foodora e gli autisti di Uber.
Pilastro del pacchetto è la trasparenza: tutti i lavoratori – stabilisce il testo – devono essere informati fin dal primo giorno degli aspetti essenziali del loro contratto come la durata, i termini di preavviso per la risoluzione del rapporto di lavoro e lo stipendio di base iniziale. I datori di lavoro sono obbligati a fornire tali informazioni per iscritto e a dare dettagli su eventuali corsi di formazione, bonus e sul pagamento degli straordinari.
Per quanto riguarda gli orari, i lavoratori devono essere informati sulle ore retribuite garantite e sulla retribuzione per il lavoro svolto in aggiunta a tali ore garantite (straordinario). Sul contratto deve essere indicato anche il termine entro il quale il datore di lavoro può recedere dal contratto. Più stabilità anche per chi lavora su un contratto a richiesta: i lavoratori devono poter rifiutare, senza conseguenze, un incarico al di fuori di orari prestabiliti o essere retribuiti se l’incarico non è stato annullato in tempo.
Il datore di lavoro non dovrebbe proibire, sanzionare o ostacolare i lavoratori di lavorare con altre società. I periodi di prova non dovrebbero essere più lunghi di sei mesi oppure nove mesi nel caso di posizioni manageriali; non ci deve essere nuovo periodo di prova in cado di rinnovo di contratto. Il periodo di prova, infine, non può essere esteso unilateralmente. La formazione obbligatoria deve essere pagata dal datore di lavoro e deve essere inserita nell’orario di lavoro e conteggiata come tale.
Il testo è stato adottato con 30 voti favorevoli, 7 contrari e 11 astensioni. Ora sarà il negoziato dal Parlamento e dal Consiglio a dare forma definitiva a queste regole.