“A Forum PA 2016 abbiamo registrato una grande partecipazione di lavoratori pubblici, della politica e delle aziende. Tra i trend principali è emersa la consapevolezza che c’è bisogno di una sempre più solida integrazione tra l’Agenzia per l’Italia digitale, Consip e la programmazione europea. Perché se chi fa le strategie, chi fa gli acquisti e chi mette a disposizione i fondi non va nella stessa direzione si rischia di diventare strabici. Oggi però abbiamo un piano, ci sono le linee guida e abbiamo le risorse della programmazione europea in un quadro abbastanza coerente. E in più il ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, nel suo intervento a Forum PA, ha parlato di economia 4.0 e ha detto che l’amministrazione pubblica deve lavorare sui dati. Mi pare significativo”. Così Carlo Mochi Sismondi, presidente di FPA, tira le somme con CorCom della 27esima edizione di Forum PA che si è chiusa il 26 maggio al palazzo dei congressi dell’Eur, a Roma, “con luci che superano ampiamente le ombre”.
Come si possono sintetizzare i cinque “punti forti” che sono emersi e i cinque da migliorare?
Citerei innanzitutto la grande partecipazione, perché non possiamo dimenticare che l’asset principale della PA sono le persone. Poi la grande varietà di progetti che sono stati presentati, e che sono un sintomo evidente di vitalità del settore. Il terzo punto è il piano triennale per l’Agenda digitale presentato dal direttore Antonio Samaritani, che deve ora essere condiviso con le Regioni e le amministrazioni centrali. Poi la partecipazione della politica che quest’anno ha superato la media delle ultime edizioni e che dimostra un più alto livello di attenzione verso i temi del digitale. E infine il fatto che si sia acceso un faro sulla sharing economy di cui Jeremy Rifkin nella sua lectio magistralis ha sottolineato l’importanza.
E le ombre, i pericoli, i punti da migliorare?
Ai primi posti c’è la paura del cambiamento, che è alla base della “burocrazia difensiva” che può bloccare le decisioni. Poi bisogna stare attenti a non annunciare continue riforme epocali senza verificare quali e quanti scalini abbiamo già salito, perché alla lunga si genererebbe delusione e si rischierebbe l’effetto boomerang. Inoltre, sarebbe una sciocchezza pensare che ogni Comune, ogni ente, ogni ufficio debba studiarsi soluzioni completamente “customizzate”: potrebbe voler dire anche spendere molti soldi in cose non necessarie. Infine, lo dicevamo prima, c’è bisogno di una buona e coordinata funzione acquisti e di meno precarietà nell’azione dei governi: in 27 anni di Forum PA ho visto 17 governi diversi, una decina di riforme “definitive”, un susseguirsi di parole d’ordine, concetti, paradigmi tutti bruciati prima di essere stati realizzati.