L'ESCALATION

Francia, la web tax è legge ma Trump non ci sta: “È contro i big Usa”

Approvata la tassa al 3% sulle vendite. Il presidente Usa ordina un’inchiesta per valutare l’impatto: la misura sarebbe discriminatoria verso Google&co e potrebbe costare alla Francia dazi su vini, moda e auto. Ma i francesi controribattono: “No a minacce”

Pubblicato il 11 Lug 2019

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Sulla web tax sale la tensione tra Washington e Parigi: la legge approvata oggi dal Senato francese è secondo Donald Trump una misura specificamente disegnata per danneggiare i colossi americani Gafa (Google, Amazon, Facebook, Apple). Per questo il presidente degli Stati Uniti ha ordinato un’indagine che valuterà l’impatto della digital tax francese e che potrebbe portare a dazi contro Parigi. Pronta la replica del ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire: “La Francia è uno Stato sovrano, decide in modo sovrano delle sue disposizioni fiscali, e continuerà a decidere in modo sovrano delle sue questioni fiscali”, ha indicato il ministro intervenendo in Senato prima del voto. L’escalation è un campanello d’allarme per tutti i paesi Ue, Italia compresa, che lavorano sulla web tax nazionale in attesa di una soluzione pan-europea o globale.

Il piano per la tassa francese sulle aziende del digitale è stato illustrato dal ministro Le Maire lo scorso marzo: le vendite in Francia dei gruppi del web saranno tassate al 3%, per un totale di mezzo miliardo di euro all’anno di gettito fiscale per lo Stato. Ribattezzata dai media come la “Taxe Gafa”, la tassa è destinata a società con entrate digitali mondiali di almeno 750 milioni ed entrate francesi superiori a 25 milioni di euro: colpisce dunque circa 30 imprese, per la maggior parte americane ma non solo, perché sono interessati anche big cinesi, tedeschi, spagnoli e britannici e francesi.

Per il presidente americano Trump, tuttavia, la “taxe Gafa” è volta specificamente a danneggiare le aziende americane: di qui l’ordine allo U.S. Trade Representative Robert Lighthizer di aprire un’inchiesta sulla digital tax francese che potrebbe condurre all’imposizione di dazi o ad altre restrizioni commerciali.

L’indagine autorizzata da Trump significa che Lighthizer ha fino a un anno per valutare l’impatto della web tax francese sulle aziende della tecnologia americane, come riportato da Bloomberg e Reuters. In particolare, gli uffici del Rappresentante commerciale degli Stati Uniti indagheranno se la tassa rappresenta un comportamento commerciale discriminatorio o scorretto.

Secondo la nota ufficiale dello U.S. Trade Representative, i servizi coperti dalla digital tax di Le Maire “sono quelli in cui le aziende americane sono leader globali. La struttura della tassa proposta dalla Francia e le dichiarazioni dei politici francesi suggeriscono che la Francia prende nel mirino in modo iniquo alcune aziende tecnologiche degli Stati Uniti”.

“Tra alleati dobbiamo risolvere le controversie in modo diverso rispetto alla minaccia”, ha replicato il ministro dell’Economia Le Maire.  

L’escalation non piace alla lobby ITI  (Information technology industry council) che ha sede a Washington e unisce le aziende hitech americane: “Siamo con gli Stati Uniti nelle iniziative volte a investigare questi complessi temi commerciali ma vorremmo invitare il governo americano a condurre la sua indagine nello spirito della cooperazione internazionale e senza usare i dazi come rimedio”, ha affermato Jennifer McCloskey, vice president of policy dell’ITI.

Al contrario, la lobby francese Acis, che rappresenta anche Facebook, Google, Amazon, Twitter e Airbnb, ha lanciato un chiaro altolà: “Tentando di imporre in modo unilaterale una tassa extra sui player americani, Bruno Le Maire ha scatenato una trade war che penalizza la tecnologia francese oggi e penalizzerà domani molti settori che nutrono il successo dell’economia francese, come i vini, il lusso e le automobili”, ha detto il presidente dell’Acis Giuseppe de Martino.

A favore della linea dura di Trump si sono pronunciati anche il presidente della commissione Finanze del Senato, il Repubblicano Chuck Grassley, e il principale esponente Democratico dello stesso panel, il senatore Ron Wyden. “La tassa sui servizi digitali che la Francia e altri paesi europei stanno perseguendo è chiaramente una misura protezionistica” che mira a danneggiare le aziende americane e causerà la perdita di posti di lavoro negli Stati Uniti, si legge in una nota congiunta dei due senatori. “Gli Stati Uniti non sarebbero costretti a ricorrere a questi mezzi se gli altri paesi smettessero di agire unilateralmente e usassero le loro energie per concentrarsi sugli accordi multilaterali”.

Ma per Le Maire si tratta solo di ristabilire l’equilibrio fiscale in attesa di una soluzione globale: il ministro francese ha garantito che la web tax di Parigi sarà annullata nel momento in cui verrà raggiunto un accordo internazionale in seno all’Ocse risolvendo la spinosa questione della tassazione nell’era digitale. Accordo che, però, non arriverà prima della fine del 2020.

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