MILLEPROROGHE

Frequenze, caos sul canone: stoppato il passaggio di competenze al Mise

Dichiarato inammissibile l’emendamento al Milleproroghe, torna in ballo lo “sconto” a Rai e Mediaset. Si lavora per ripresentare la proposta nel decreto su banche e investimenti

Pubblicato il 17 Feb 2015

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Canone frequenze, ancora un fermo immagine. Nel corso della discussione alla Camera sul decreto Milleproroghe è saltato ogni riferimento ai canoni dovuti dalle Tv allo Stato per il 2013. In particolare è saltato il passaggio di competenze sui canoni dall’Agcom al ministero dello Sviluppi.

Rimane un decreto ministeriale che prevede il pagamento dell’anticipo pari al 40% (già versato da Rai e Mediaset) per quanto dovuto nel 2013.

Sulla norma, che avrebbe anche fatto saltare lo “sconto” per Rai e Mediaset previsto con l’ultima delibera Agcom, si è lavorato fino all’ultimo ma c’era lo scoglio dell’ammissibilità proprio del passaggio di competenze dall’Authority al ministero dello Sviluppo economico.

La misura dovrebbe comunque essere riproposta in un altro provvedimento, probabilmente il decreto su banche e investimenti, sempre al vaglio della Camera.

L’emendamento, scritto al ministero dello Sviluppo, avrebbe tolto la competenza a decidere sul canone al Garante per le Comunicazioni (Agcom ) e l’avrebbe restituita al governo che sarebbe così stato legittimato a scrivere una legge in materia che prevedesse un pagamento del canone da parte delle emittenti in linea con i nuovi scenari digitali.

Ma il percorso, caduto l’emendamento di ieri, sembra interrotto: ha pesato la volontà del ministero della Economia che ha fermato l’emendamento.

“L’emendamento in questione riporta alla piena titolarità del Governo la riforma delle norme relative al canone frequenze che abbiamo annunciato già da agosto 2014, anche con una lettera scritta ad Agcom” aveva detto nei giorni scorsi Antonello Giacomelli, sottosegretario alla Comunicazioni.

“Le norme vigenti non prendono compiutamente atto del passaggio dall’analogico al digitale e determinano quindi distorsioni e un onere eccessivo sugli operatori di rete – aveva detto Giacomelli – Tutti ricorderanno le polemiche che accompagnarono la relativa delibera Agcom. L’integrazione voluta dal Ministero dell’economia va letta come un giusto richiamo al rispetto degli equilibri del bilancio dello Stato: esplicita cioè un principio di finanza pubblica che è sempre presente e di cui sempre, nel complesso delle decisioni, occorre tenere conto”.

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