SPETTRO

Frequenze, sui 700 MHz l’Italia rischia di sforare sulla scadenza Ue

Il 2022 o addirittura oltre potrebbe essere una data più realistica per la transizione della banda di spettro alle Tlc, dice Vincenzo Lobianco (Agcom) a Policy Tracker. La tv digitale terrestre dipende infatti pesantemente dai 700 MHz e il passaggio ad altre tecnologie, come il DVB-T2, sarà lungo e costoso

Pubblicato il 17 Giu 2015

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Sul refarming dei 700 MHz l’Italia potrebbe mancare la scadenza del 2020 e non riuscire a rendere disponibile queste frequenze per la banda larga mobile nella data prevista dall’Europa, secondo quanto afferma Vincenzo Lobianco, chief technology and innovation officer di Agcom, sul giornale online specializzato Policy Tracker.

Il rapporto Lamy sullo spettro sotto i 790 MHz, e l’opinione della Rspg sul tema, hanno sostenuto la necessità di fissare il 2020 (con un margine di due anni in più o in meno) come scadenza per rendere “effettivamente disponibili” i 700 MHz per la banda larga mobile. A tale scopo si ritiene anche necessario creare un coordinamento tra i diversi Stati entro la fine del 2017. La Commissione europea potrebbe creare uno strumento legale per far valere le previste scadenze, dopo la conclusione della World Radio Conference a novembre. Questo vuol dire che i Paesi Ue, molti dei quali ancora non sono riusciti a liberare gli 800 MHz della televisione digitale terrestre, hanno sette anni per ripetere lo stesso processo per i 700 MHz. La banda degli 800 MHz era già stata soggetta a una deadline pan-europea: tutti gli Stati membri dovevano assegnare queste frequenze alla banda larga mobile a fine 2013. L’Italia è riuscita ad assegnare in tempo gli 800 MHz, a differenza di molti Paesi europei, ma, secondo Vincenzo Lobianco di Agcom, potrebbe aver bisogno di più tempo per i 700 MHz.

“Io penso che potermmo fare richiesta dei due anni in più rispetto al 2020, come del resto è scritto anche nei rapporti Lamy e Rspg”, ha detto il top manager a una conferenza sulla gestione dello spettro a Bruxelles, ma la transizione potrebbe anche avvenire più tardi. I motivi sono vari, a cominciare dall’estensione della piattaforma del digitale terrestre (Dtt) in Italia: il nostro Paese ospita 20 multiplex nazionali (per esempio, in Uk ce ne sono solo 6) e almeno 10 multiplex locali in ogni area d’Italia. Inoltre, le licenze per i multiplex nazionali scadono solo nel 2032, perciò il regolatore dovrà trovare canali alternativi che i broadcaster potranno usare.

Il 93,2% delle famiglie in Italia ha la televisione Dtt mentre praticamente non esiste il cavo; il 16,6 ha accesso alla trasmissione via satellite. A differenza di altri Paesi europei, la piattaforma Dtt dell’Italia dipende pesantemente dalla banda dei 700 MHz e sarà difficile trovare frequenze nelle bande dei 500 e 600 MHz senza causare interferenze. Per superare il problema, l’Italia dovrà introdurre le tecnologie DVB-T2 e Hevc, e questo potrebbe rivelarsi un processo lungo e costoso.

Il problema non è però solo italiano: Simon Fell, director of technology and innovation della European Broadcasting Union, pensa che il refarming dei 700 MHz dalla televisione alla banda larga mobile non sarà semplice per molti Stati europei e che il 2025 sia una scadenza più realistica.

Gli Stati europei si stanno per ora muovendo a ritmi diversi: in Uk il regolatore Ofcom prevede la transizione per il 2022, mentre la Germania ha già avviato l’asta con cui sta assegnando lo spettro dei 700 MHz. Anche in Francia è prevista un’asta quest’anno, ma lo spettro sarà disponibile per gli operatori mobili tra il 2016 e il 2019.

La Commmissione europea, tuttavia, spinge perché l’approccio dei vari Paesi Ue sia non così frammentato: “Riteniamo che occorra procedere in modo coordinato”, ha dichiarato Kamila Kloc, vice-capo gabinetto del commissario Andrus Ansip. “Un quadro dello spettro più armonizzato a livello europeo”, ha detto, aiuterà a diffondere l’adozione dei servizi 4G, oggi accessibili solo a metà degli europei.

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