Fresca Fantoni (Assinter): “In house Ict, più servizi meno software”

La presidente dell’associazione all’indomani della “bocciatura” della riforma Madia sul taglio alle partecipate: “Bene il consolidamento delle società pubbliche. A patto che sia strumento per valorizzare il loro ruolo di abilitatore di innovazione”. Serve difendere la specificità del “valore aggiunto” legato al ruolo pubblico e “l’eventuale confronto con il mercato”

Pubblicato il 02 Dic 2016

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Bene il consolidamento, ma sia strumento per valorizzare il ruolo di abilitatore di innovazione che le società pubbliche dell’Ict sono in grado di svolgere. Clara Fresca Fantoni, presidente di Assinter, mette in risalto la funzione essenziale delle in house a seguito della sentenza della Corte Costituzionale che ha “bocciato” la riforma Madia nella parte che taglia le partecipate.

La Consulta ha bocciato gli interventi di Riforma previsti dal “Madia”. Che impatto avrà sul comparto Ict da voi rappresentato?

Come noto, la maggior parte delle Regioni e Province Autonome ha nel corso degli anni esercitato il proprio potere di auto-organizzazione costituendo società in house Ict in grado di supportare lo sviluppo organico ed integrato delle Agende Digitali Nazionale e Regionali nonché la realizzazione di infrastrutture e servizi innovativi per la cooperazione tra enti pubblici. Nel corso del solo 2016 si sono succeduti vari interventi normativi che hanno interessato il settore. Oltre alla legge di stabilità per il 2016, gli interventi più rilevanti sono contenuti in alcune disposizioni del nuovo codice dei contratti pubblici e nel T.U. sulle società a partecipazione pubblica. Come Assinter siamo stati sin dall’inizio in linea con l’obiettivo generale di razionalizzare; proprio per questo, secondo tale approccio siamo convinti che le società Ict pubbliche debbano essere misurate come “società”, utilizzando criteri che valorizzino sia la specificità del “valore aggiunto” legato al nostro ruolo pubblico sia l’eventuale confronto con il mercato. Del resto è la medesima posizione che sosteniamo nell’applicazione del nuovo codice appalti. Al di là quindi dell’interpretazione ultima della sentenza della Corte, legata prevalentemente al richiamo del necessario confronto con il sistema delle Regioni, i cui effetti puntuali andranno visti e letti nei vari correlati giuridici, l’aspettativa generale di miglioramento dei servizi ci trova alleati.

Il processo di consolidamento delle in house Ict era già iniziato (dato che le norme erano già in vigore). Come si è mossa Assinter per adempiere a quanto previsto dalla legge Madia?

Una delle principali azioni di Assinter, condotte a livello nazionale, punta a valorizzare il modello organizzativo delle società Ict in house nel loro ruolo di “cerniera” tra domanda pubblica di innovazione e mercato, tra strategie nazionali e programmazione locale, con piena consapevolezza che la competitività dei sistemi economici regionali e la razionalizzazione della spesa passano attraverso una qualificata aggregazione della domanda di innovazione digitale a livello locale. E’ in questo contesto associativo che abbiamo avviato un confronto stabile in merito all’interpretazione e applicazione delle norme che regolano il settore. Del resto, in concreto, la parte relativa al “Madia” che puntava a “sforbiciare” le partecipate con gestione economica inefficiente, promuovendo un processo “virtuoso” di selezione, aveva, proprio per l’azione di qualificazione che il nostro comparto ha da tempo condotto, un impatto davvero ridotto sulle in-house Ict regionali. Su altri aspetti, come per esempio l’adeguamento degli statuti, alcune nostre associate hanno già lavorato, coerentemente con le diverse scadenze poste dalle norme.

Secondo lei si deve continuare sulla strada del consolidamento?

Come Assinter Italia, non possiamo che essere d’accordo. Le società Ict che appartengono ad Assinter operano già al giusto livello di aggregazione, coerente tra l’altro anche con l’attuazione nei Fondi comunitari 2014-2020. Pensando anche, da subito, a nodi di specializzazione regionali.

Può fare qualche esempio di qualche contesto regionale che si è già mosso nella direzione dello snellimento delle in house Ict?

Riteniamo che le in house Ict regionali corrispondano, per larga parte già agli obiettivi guida che appartengono al riordino del contesto delle partecipate. Il testo sulle partecipate pone il “taglio” dei “rami secchi”, ma anche il tema dell’aggregazione. Per quanto riguarda il livello regionale, come dicevo precedentemente, è un trend che si sta consolidando da tempo. Le società che appartengono al nostro network stanno affrontando vari processi di riorientamento. Si può dire che tutto il comparto regionale ne è attraversato. In questo senso le in house Ict regionali possono svolgere un importante ruolo di inclusione per i piccoli enti, facilitando il conseguimento di economie di scala. Crediamo quindi che debbano essere valorizzate le partecipate capaci di far evolvere i servizi pubblici; penso, per esempio, ai centri servizi condivisi. I dati che abbiamo reso pubblici in questi anni, attraverso le ricerche con primarie università italiane, confermano tali processi di cambiamento in atto, in gran parte delle realtà regionali. Le in house Ict regionali stanno cambiando pelle da diverso tempo: più servizi, meno software, meno produzione e più strategia; con modelli organizzativi sempre più snelli e aperti al mercato, con una marcata attenzione all’esternalizzazione di servizi ed alla contrazione del nucleo operativo. E’ per questo che abbiamo spinto per un accordo nazionale con il mercato e per la massima collaborazione con il mondo dell’offerta locale.

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