La riforma della pubblica amministrazione, firmata Madia, interviene con una tagliola anche sulle partecipate: non solo riduzione numerica, ma di poltrone e compensi.
Le novità riguardano anche le in house Ict. Ne parliamo con Clara Fresca Fantoni, presidente di Assinter.
La riforma PA prevede un taglio drastico alle partecipate che passeranno dalle attuali 8mila a mille. Come giudica il provvedimento?
In un momento congiunturale con persistenti criticità, pur con gli accenni di ripresa che stiamo osservando, credo che con senso di responsabilità ci si debba rendere tutti disponibili ad accettare dei “sacrifici”, anche in ambito pubblico, dove vi è una giusta aspettativa di miglioramento dei servizi erogati. Come Assinter siamo quindi d’accordo con la necessità di razionalizzare, seguendo la strada che tali società devono essere misurate come vere e proprie “società pubbliche”, secondo indicatori di performance/risultato, confrontabili con benchmark di mercato, semplificando altresì la normativa di riferimento che negli anni si è, via via, stratificata.
Quale impatto avrà la riduzione sulle in house dell’Ict? Immagino che quello a livello regionale sia risibile…
Precisato che bisogna evitare la stigmatizzazione “tout court” delle partecipate pubbliche, bisogna distinguere per ciò che riguarda l’Ict l’ambito territoriale di operatività. Se il decreto Madia punta, oltre a “sforbiciare” le partecipate con gestione economica inefficiente (bilanci in rosso, più amministratori che collaboratori), anche a promuovere un processo “virtuoso” di razionalizzazione, allora l’impatto sulle in-house Ict regionali è ridotto. Tali società operano già al giusto livello di aggregazione, quello “regionale” che, tra l’altro, ricordiamolo, ha un importante ruolo nei Fondi comunitari 2014-2020. Occorre su questa strada, consolidare anche la collaborazione pubblico-privato.
Nei prossimi tre mesi il governo stilerà la lista delle società da liquidare. Avete intenzione di dire la vostra al governo?
Il governo agisce nel pieno del suo mandato, terrà conto di parametri di utilità, buon funzionamento e di buona gestione. Come Assinter Italia, non possiamo che essere d’accordo. Riteniamo che le in house Ict regionali corrispondano “in pieno” a questi parametri. In questo confortati anche dagli esiti della nostra Ricerca Assinter 2015, elaborata dal Politecnico di Milano e dall’Università Bocconi.
A suo avviso quali società – se ci sono – vanno tagliate e quali no?
Credo che il decreto Madia ponga opportunamente, oltre al “taglio” dei “rami secchi”, il tema dell’aggregare. Aspetto quanto mai opportuno in un contesto amministrativo, quello italiano, caratterizzato da un numero elevato di piccole municipalità che per dimensione e, a volte, per carenza di risorse, rischiano di restare escluse dai processi di innovazione amministrativa e sociale. In questo senso le in-house Ict regionali possono svolgere un importante ruolo di inclusione per i piccoli enti, facilitando il conseguimento di economie di scala. Credo quindi che debbano essere valorizzate le partecipate che capaci di far evolvere i servizi pubblici; penso, per esempio, ai centri servizi condivisi.
In questi anni le in house stanno cambiando pelle: più servizi, meno software. Ci racconta cosa sta succedendo?
Sintetizzerei l’evoluzione in corso nello slogan “meno produzione, più strategy”. In particolare la Ricerca Assinter 2015 fa emergere alcune evidenze e trend in atto nelle in-house Ict regionali: stanno abbandonando il modello tradizionale di software-house pubbliche, per assumere quello di System Integrator e promotori dell’innovazione digitale al servizio del territorio; i modelli organizzativi sono sempre più snelli e aperti al mercato, con una marcata attenzione all’esternalizzazione di servizi ed allo snellimento del nucleo operativo, a fronte di una crescente valorizzazione dell’ecosistema dell’offerta e delle competenze del territorio; stanno via via superando la visione locale, facendo rete sia tra loro e la PA che con le imprese private, promuovendo forme di partenariato, procurement innovativo. Una sfida complessa ma che dobbiamo affrontare assieme in una logica di sistema per garantire la trasformazione digitale del “sistema paese”, allineandoci alle priorità fissate a livello nazionale. Pensando da subito a nodi di specializzazione regionali
Il rapporto con il mercato è molto cambiato. C’è un’importante intesa con Confindustria Digitale: che frutti sta dando?
Da tempo abbiamo avviato un confronto con le principali associazioni, Confindustria Digitale ma anche Assintel, convinti di perseguire la comune sfida della trasformazione digitale del paese. Questo “lavorare” assieme ha già prodotto interessanti risultati, dal mettere a fattor comune dati utili a interpretare al meglio la realtà economico-sociale dei nostri territori, fino al lavoro congiunto sul tema della competenze digitali, recentemente presentato a Roma.
Sono partiti due importanti progetti: Spid e Anpr. Come si stanno muovendo le in house per sostenere le amministrazioni nella realizzazione del progetto
Progetti come lo Spid e Anpr sono quelli che confermano il “ruolo” delle in-house Ict regionali nel declinare a livello territoriale i grandi progetti infrastrutturali nazionali. Sono progetti centrali nel processo di riorganizzazione dei servizi anche a livello territoriale. Ci aspettiamo quindi un efficace lavoro di ottimizzazione. Sui diversi tavoli tematici nazionali siamo presenti con le altre Associazioni di categoria. Su Anpr, in particolare, stiamo seguendo attivamente la sperimentazione sui primi 26 comuni.