Contribuire a fare l’Italia digitale mettendo a fattore comune le migliori pratiche. E’ l’obiettivo dell’accordo di collaborazione firmato da Assinter e la Commissione speciale Agenda digitale (Adi) delle Regioni. “L’accordo strategico tra la Conferenza delle Regioni e Assinter crea luoghi, momenti e spazi di incontro per iniziative progettuali che possano fungere da acceleratore dell’agenda digitale nei territori delle Regioni e delle Province autonome in stretto raccordo con le iniziative nazionali”, spiega la presidente di Assinter, Clara Fresca Fantoni a CorCom.
Quali sono i punti chiave dell’intesa?
Il valore chiave dell’intesa risiede nella possibilità di valorizzare a livello nazionale il proficuo e quotidiano scambio collaborativo tra società in house e propri enti regionali di riferimento. Questa intesa, che peraltro si aggiunge a quella recentemente siglata con Agid, è funzionale al rafforzamento della governance complessiva dell’innovazione digitale del settore pubblico e può imprimere una spinta significativa alle iniziative di “sistema” raccordando ed armonizzando i grandi progetti nazionali con quelli territoriali, valorizzando le migliori pratiche a livello territoriale e la convergenza delle risorse disponibili. Dal punto di vista più operativo, Assinter e Commissione Adi affronteranno temi, a nostro avviso, essenziali per l’attuazione dell’agenda digitale, come: la valorizzazione dei sistemi che trattano i dati riservati e sensibili dei cittadini e delle imprese; l’incentivazione del modello degli shared services; la nascita di poli di specializzazione per la cooperazione sovra regionale e per la maggiore finalizzazione delle risorse; il contenimento e la razionalizzazione della spesa nel settore Ict; il ruolo di cerniera con il mercato privato ed il rafforzamento di partnership pubblico-privato; la valorizzazione delle competenze digitali attraverso attività che uniscono domanda e offerta nella creazione degli eSkill (come l’iniziativa Assinter Academy).
Avete già in mente best practice da mettere a fattor comune?
Fare leva sulla promozione degli shared services e dei poli di specializzazione. È infatti proprio all’interno dei sistemi regionali, caratterizzati per lo più dalla frammentazione della domanda di innovazione rappresentata dai piccoli Comuni, che si manifesta la necessità di aggregare i servizi Ict a vantaggio di cittadini ed imprese. In questo contesto, le Società in house svolgono funzioni rilevanti nell’ottica proprio di offrire servizi condivisi (shared services) e gestire dati pubblici sensibili, svolgere un ruolo di prossimità e collaborazione, grazie al proprio radicamento sul territorio e aggregare la domanda di innovazione dei territori per orientare e valorizzare le funzioni di procurement intelligente, a livello regionale, in forma aggregata.
Secondo il Desi – indice della Ue sul livello di digitalizzazione – l’Italia è quasi fanalino di coda. Cosa possono fare i territori per cambiare le cose?
Il primo passo è senza dubbio promuovere una reale e fattiva collaborazione tra tutti gli enti territoriali e regionali, puntando alla definizione di poli ad alta specializzazione, propulsori anche degli investimenti pubblici, in maniera coerente con la programmazione nazionale. La valorizzazione di poli di specializzazione regionali passa per la semplificazione delle politiche di scambio e riuso, favorendo in c.d. “riuso a monte”, e necessita dell’adozione di modelli di collaborazione a rete che favoriscano tutte le sinergie realizzative. Non dobbiamo poi dimenticare il ruolo che può essere ricoperto dalla promozione e rafforzamento di partnership pubblico-privato, che in molte altre nazioni si sono rivelate fondamentali strumenti per l’innovazione e la digitalizzazione dei servizi garantendo qualità ed efficienza. Le società di mercato hanno infatti sviluppato progetti e soluzioni, tecnologie di interoperabilità, di raccolta ed elaborazione dati, di diffusione e aggregazione delle informazioni rilevanti, in linea con i modelli tecnologici evolutivi. In un’ottica di ammodernamento complessivo, questi modelli di collaborazione devono essere costruiti anche in chiave interregionale per svolgere l’azione, indispensabile, della condivisione del know–how da una Regione all’altra, garantendo al tempo stesso velocità di azione, massima diffusione e standardizzazione.
Che ruolo possono svolgere le in house, anche alla luce della riforma Madia?
L’evoluzione del contesto regolatorio in atto già da qualche anno e rispetto il quale il Testo Unico Madia costituisce un tentativo di sistematizzazione, ha indotto le società Ict in house a mettere in campo una sfida riorganizzativa per costituirsi sempre più come centri di qualificazione della domanda e laboratori di innovazione aperti all’offerta di mercato, alla valorizzazione delle persone e della cultura digitale in quanto leva strategica dell’innovazione. Affrontare nuove sfide e proiettarsi verso il futuro significa infatti ripensare il proprio ruolo e dotarsi di strumenti adeguati alla nuova missione. Cruciale è il focus sulle competenze digitali. Assinter, come rete delle in house Ict regionali, ha da tempo messo al centro delle proprie iniziative proprio il tema delle eSkills, costituendo l’Osservatorio delle Competenze Digitali, insieme alle altre associazioni di settore, e partecipando ai Tavoli nazionali e comunitari relativi agli standard in materia più innovativi, come l’e-CF. In questo quadro, è stata inoltre promossa l’Assinter Academy, giunta ormai alla IV Edizione come iniziativa di alta formazione manageriale che vuole essere anche luogo di incontro peculiare per promuovere la cooperazione e la condivisione di know how tra manager e tecnici che lavorano nella PA.
La convince il punto di intesa trovato da Regioni e governo sul taglio alle partecipate?
Come è stato più volte messo in evidenza da Assinter e da autorevoli esperti del settore, il tema “dell’aggregare”, alla base della ratio del Decreto Madia e del cosiddetto “taglio dei rami secchi”, è sicuramente condivisibile; ci muoviamo infatti in un contesto amministrativo, come quello italiano, caratterizzato da un numero elevato di piccole realtà che rischiano di restare escluse dai processi di innovazione, amministrativa e sociale. In questo senso le società ICT regionali possono svolgere un importante ruolo di inclusione per i piccoli enti, facilitando il conseguimento di economie di scala. Credo che l’intesa tra Regioni e governo sia ancor più di prospettiva se si riesce insieme a far evolvere i servizi in un’ottica di sviluppo e promozione di servizi pubblici condivisi.