PUNTI DI VISTA

Frodi online, in Italia manca l’educazione

In Italia nell’ultimo anno frodi creditizie contro 26mila persone: danni da 162 milioni di euro. Ma da un’indagine Crif-Smart research emerge che il 58% degli intervistati è poco o per niente attento alla diffusione dei propri dati sul web.

Pubblicato il 26 Apr 2015

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Le frodi creditizie che si realizzano mediante furto di identità nel corso dell’ultimo anno hanno colpito più di 26.000 persone, con perdite economiche stimate in 162 milioni di euro. Una ricerca condotta da Crif e Smart Research è emerso come il 68,4% degli intervistati conosca il fenomeno e i rischi che questo tipo di frode comporta. Soltanto il 10,8% dei rispondenti, infatti, non ne ha una esatta percezione mentre vengono citati come rischi concreti la perdita di denaro (nel 41,4% dei casi), la segnalazione come cattivo pagatore (33%) e la possibilità di avere problemi con la Giustizia (31,3%).

La conoscenza dei fattori di rischio e la tutela dei propri dati. Tra i maggiori fattori di rischio riconosciuti come possibili cause del furto di identità vengono citati, da oltre il 40% dei rispondenti, eventi legati al furto di documenti o strumenti di pagamento nel mondo reale ed eventi legati al mondo online, quali l’accesso indebito a caselle di posta elettronica o le transazioni su siti di e-commerce. Tra gli intervistati è abbastanza diffusa la consapevolezza di dover proteggere i propri documenti cartacei e identificativi, con il 40,2% del campione che dichiara di distruggere sistematicamente la documentazione che contiene dati personali prima di buttarla nella spazzatura, proprio per evitare che venga utilizzata per commettere furti d’identità.

Sorprende, invece, la leggerezza adottata dai più relativamente alla diffusione dei propri dati sulla Rete: il 58% degli intervistati si dichiara poco o per niente attento alla diffusione dei propri dati su web e social network mentre nel 28% dei casi dichiara di non fare nulla di particolare per tutelare le proprie informazioni personali.

Questa tendenza è particolarmente marcata tra i più giovani: nella fascia di età 18-24 anni, infatti, la percentuale dei rispondenti che ammette di non far nulla di particolare per proteggere i propri dati sale al 38%, a conferma del fatto che sono proprio i ‘nativi digitali’ a sottovalutare i rischi ai quali si espongono pubblicando i propri dati personali su web e social network, fornendo così ai frodatori un facile accesso a informazioni sensibili.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, anche che tra gli utenti con maggiore propensione agli acquisti online non c’è una particolare attenzione alla tutela dei propri dati: il 34% di chi fa almeno due acquisti al mese su Internet dichiara infatti di non essere per nulla attento alla diffusione delle proprie informazioni personali online.

La tutela degli strumenti con cui si accede alla Rete Anche la consapevolezza dell’importanza di proteggere i dati sugli strumenti con cui si naviga in Rete risulta ancora poco diffusa: solo il 37,6% degli intervistati, infatti, dichiara di aver investito risorse economiche per servizi dedicati a ciò. Il 16,6% degli utenti invece non fa nulla di particolare, a parte evitare di scaricare file o cliccare su link sospetti.
Nel complesso i più giovani si dimostrano ancora una volta i meno preoccupati dei possibili rischi: nella fascia compresa tra i 18 e i 24 anni solo il 7,5% degli utenti dichiara di investire in un servizio di protezione a pagamento sempre aggiornato, contro una quota del 49% nella fascia dai 45 ai 54 anni.

In questo senso è quindi auspicabile una maggiore tutela dei propri dati anche attraverso strumenti proattivi di protezione, in grado di monitorare costantemente la propria situazione creditizia in modo da essere avvisati tempestivamente in caso si presentasse qualche anomalia.

*Direttore Personal Solutions & Services di Crif

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