La guerra commerciale di Donald Trump non sta andando bene per niente. Ma il presidente Usa non demorde e intanto accumula consenso interno per le presidenziali del 2020 che lo vedono favorito. A un anno e mezzo di distanza dall’avvio dei primi dazi sulle merci importate dalla Cina lo scontro è ancora in corso e non accenna a voler finire, con Pechino che risponde introducendo dazi del 5 o 10% sulle merci americane da importante in Cina (Trump intanto aveva dichiarato che avrebbe alzato al 30% i dazi su beni per 250 miliardi di dollari all’anno dal primo ottobre e che i dazi su beni per altri 300 miliardi passeranno dal 10 al 15%).
Ma la partita adesso si gioca anche sul territorio europeo, che non è vicino a Trump in molte delle sue mosse se non per la Gran Bretagna, la quale gioca la partita della Brexit e dei governi conservatori filo-americani. Così Donald Trump mostra apertamente di avere un rapporto speciale con la Gran Bretagna, che ha appena cambiato guida politica. Trump e il neo-primo ministro britannico Boris Johnson infatti hanno discusso della tecnologia Huawei e 5G in una riunione bilaterale a margine di un vertice del G7 in Francia domenica.
“Il presidente e il primo ministro – è stato detto in una nota della Casa Bianca – hanno anche affrontato questioni di sicurezza globale di reciproco interesse, in particolare la minaccia dell’Iran alla libertà di navigazione nel Golfo, tensioni a Hong Kong, 5G e Huawei e instabilità in Libia e nella regione del Sahel”.
Ma l’altra metà della politica estera di Trump è venuta fuori venerdì scorso, quando il presidente degli Stati Uniti ha ribadito le critiche a una proposta francese di riscuotere un’imposta destinata alle grandi società tecnologiche statunitensi e ha minacciato di nuovo di vendicarsi tassando il vino francese.
Parlando con i giornalisti alla Casa Bianca prima di partire per il vertice del Gruppo dei Sette in Francia, Trump infatti ha affermato di non essere un “grande fan” delle società tecnologiche, ma che “quelle sono grandi aziende americane e francamente non voglio che la Francia tassi le nostre aziende senza proporzionalità. E se lo fanno noi tasseremo il loro vino come non hanno mai visto prima”.
Durante il fine settimana però i toni si sono ricomposti e il presidente francese Emmanuel Macron e Donald Trump si sono molto riavvicinati su svariati temi, a partire da quelli della diplomazia internazionale (c’è in ballo la delega per trattare con l’Iran e stemperare le tensioni sul nucleare) ma anche e soprattutto sulla parte commerciale, che procede tra accelerazioni e brusche frenate. Appelli di “pace commerciale” lanciati da Johnson per riavvicinare i due si sono trasformati secondo la stampa internazionale in una trattativa segreta sul vino francese e soprattutto sui colossi hi-tech americani dietro le quinte: il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire e il segretario americano al Tesoro, Steven Mnuchin si sono riuniti in una località riservata a margine del vertice per cercare di trovare un accordo. La situazione è ancora in costante evoluzione.
E secondo le prime indiscrezioni di stampa un accordo di massima, almeno una bozza di accordo, sarebbe stata raggiunta fra Trump e Macron proprio a Biarritz. Indiscrezioni parlano di una ricalcolo della tassazione digitale francese sulla base di quanto verrebbe applicato in sede Ocse.